domenica 27 dicembre 2009

53 - Le indulgenze

Porziuncola05Le indulgenze sono un’applicazione della comunione dei santi alla remissione dei peccati.
Nella Chiesa primitiva, le persecuzioni provocarono l’apostasia dei deboli, che, davanti alla tortura, rinnegarono Cristo. Questi apostati (cui furono aggiunti presto gli omicidi e gli adulteri) erano "scomunicati" e sottomessi, per tutta la vita, a pubblica penitenza: un cilicio come vestito, capelli tagliati, astinenza perpetua dalla carne, e, se sposati, dai rapporti coniugali; proibizione del servizio militare, di funzioni pubbliche, d’ogni commercio, ecc. ...

lunedì 14 dicembre 2009

52 - Credo la remissione delle colpe

Adultera_Poussin
I sacramenti sono mezzi privilegiati per la remissione dei peccati, ma non sono gli unici! Ogni bene vissuto nella Chiesa è remissione dei peccati:
- La carità: "La carità copre una moltitudine di peccati" (1Pt 4,8).
- L’elemosina: "L’elemosina espia i peccati". (Sir 3,33).
- Le lacrime: "Una donna si rannicchiò piangendo ai piedi di lui e cominciò a bagnarli di lacrime..." (cf. Lc 7,36-50).
- La manifestazione delle colpe a Dio: "Ti ho manifestato il mio peccato, non ho tenuto nascosto il mio errore. Ho detto: ‘Confesserò al Signore le mie colpe’ e tu hai rimesso la malizia del mio peccato" (Sal 32,5).
- L’afflizione del cuore e del corpo: "Vedi la mia miseria e la mia pena e perdona tutti i miei peccati" (Sal 25,18).
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martedì 8 dicembre 2009

51 – Saremo giudicati sull’amore

ficoInfine Gesù annuncia che saremo giudicati sull’amore (cf. Mt 25,31-46).
Concludendo, possiamo dire che non troviamo nel vangelo leggi o proibizioni scritte solamente sulle tavole di pietra o in codici, e imposte dall’esterno. Il peccato è la vioIazione libera e voluta della legge dell’amore iscritta nei cuori, infinitamente più penetrante e più esigente di tutti i codici.
Dio è nemico del peccato, ma non è nemico dei peccatori. Anzi! Gesù ci comanda di amare i nostri nemici perché l’ha fatto lui per primo. I contemporanei di Gesù aspettavano un messia vendicatore di Dio (cfr Mt 3,5-10), ma Giovanni Battista avrà la stessa amara sorpresa di Giona (Gn 4,1-11). Dopo quaranta giorni non fu distrutta Ninive ma Giona!
Gesù venne fra i peccatori, anzi come un peccatore fra gli altri (cfr Mt 3,13-17) e si fece battezzare assieme a loro. Fu questo il primo gesto pubblico del Figlio di Dio: un atteggiamento da peccatore, che lo identifica coi peccatori. Lui e i peccatori sono dalla stessa parte; è con loro, per loro, uno di loro, il primo di loro, perché si assume la responsabilità dei peccati di tutti: ne "risponderà" sulla croce. È lui l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo (cfr Gv 1,29). Non è venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori (cfr Mc 2,17). ...

martedì 1 dicembre 2009

50 - La remissione dei peccati

WEB 1 BATTESIMO Questo articolo del credo ci rinvia subito e direttamente a un sacramento. La remissione dei peccati rinvia non tanto alla penitenza, alla confessione-assoluzione, quanto al battesimo.
Il credo della messa precisa bene questo punto, facendoci proclamare: Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati.
Il dono pasquale di Gesù al mondo, la missione costitutiva deIla Chiesa risiedono dunque nella remissione dei peccati: un’effusione dello Spirito che fa della comunità dei credenti il luogo e lo strumento della remissione dei peccati, della vita nuova, della vita divina negli uomini redenti; la culla della nuova nascita dell’umanità e del mondo. "Ricevete lo Spirito santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi" (Gv 20,22).
Il battesimo è il punto di partenza della conversione di tutta la vita. Il battesimo rimane il segno costitutivo della vita cristiana. È al battesimo che rinvia immediatamente la nostra fede nella "remissione dei peccati". Il sacramento della confessione-penitenza viene solo come supplenza, come un secondo battesimo, che rinvia al nostro stato di battezzati per consolidarlo, potenziarlo e rinnovarlo.
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lunedì 23 novembre 2009

49 – La comunione dei santi

tutti-i-santiDio ha creato solo fratelli senza frontiere, su un pianeta senza frontiere. Tutta l’umanità è un’immensa e unica foresta dove tutti gli alberi hanno la loro radice nel cuore di Dio Trinità.
La comunione dei santi è la ripresa in termini diversi della "santa Chiesa", ma con lo scopo di sottolineare i rapporti che intercorrono fra le membra dell’unico corpo e i tralci dell’unica vite.
La comunione dei santi non è altro che il mistero del corpo totale di Cristo, ma per mettere in risalto i rapporti delle membra fra di loro: condivisione dello stesso nutrimento, complementarietà dei servizi, benessere comune, comune sofferenza, gloria comune. È il principio dei vasi comunicanti. Inseriti tutti in Cristo, per suo mezzo siamo collegati al Padre e collegati per mezzo dello Spirito a tutti i nostri fratelli secondo la preghiera di Gesù: "Tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre, sei in me e io in te... Perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità" (Gv 17,21-23).
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lunedì 16 novembre 2009

48 - "La Chiesa è Gesù Cristo che vive in forma di comunità" (Bonhoeffer)

pentecoste1Dalle pagine degli Atti (At 2,42-48), gli apostoli appaiono come i responsabili della comunità: testimoni privilegiati della risurrezione, maestri qualificati dell’evangelizzazione e della catechesi.
Ma non c’erano solo loro quando lo Spirito si posò su ciascuno di loro e tutti furono ripieni di Spirito santo: erano circa centoventi, erano una comunità di fratelli (cfr At 1,15).
Cristo è il centro invisibile di questa comunità e tutti noi siamo "uno" in Cristo Gesù (cfr Gal 3,28). Lui è l’unica vite di cui noi siamo i tralci (cfr. Gv 15). Veramente "la Chiesa è Gesù Cristo che vive in forma di comunità" (Bonhoeffer), costituendo con i cristiani "il Cristo totale, capo e membra" (s. Agostino).
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lunedì 9 novembre 2009

47 – La Santa Chiesa Cattolica

pentecoste Il simbolo degli apostoli ci fa dire: "Credo in Dio Padre... in Gesù Cristo... nello Spirito santo"; e poi "credo la santa Chiesa".
Dio non si vede: lo si crede o lo si nega. Possiamo negare Dio, Cristo, lo Spirito, ma non si può negare la Chiesa perché è un fatto. Possiamo ignorare il significato di questo fatto, il mistero, ma neppure un ateo che nega senza ombra di dubbio l’esistenza di Dio, può negare l’esistenza della Chiesa.
La Chiesa è un fatto: papa, vescovi, preti, diocesi, parrocchie... La Chiesa è un fatto da duemila anni. Tutti possono constatare l’esistenza della Chiesa. Solo i credenti credono che essa è una, santa, cattolica e apostolica.

lunedì 2 novembre 2009

46 - Lo Spirito è la fonte della libertà cristiana.

!cid_68F9F54975754CD29DEF08C8961DA0F6@PCLucia Lo Spirito è la fonte della libertà cristiana. "Libertà è poter fare ciò che si deve fare" (Montesquieu). Siamo liberi esattamente nella misura in cui possiamo amare gli altri. "Bisognerebbe fare in modo che nemmeno una volta nella vita si abbiano a compiere i propri doveri religiosi, perché costretti o per obbedire a pure convenienze" (Lacordaire).
La legge è cristiana solo se è interiorizzata nel cuore. Solo l’amore giustifica la legge. Senza l’amore la legge uccide. "Ama e fa’ quello che vuoi" (s. Agostino). "La cosa più importante nella legge del Nuovo Testamento, nella quale consiste ogni virtù, è la grazia dello Spirito Santo, data con la fede in Cristo. Quindi la legge nuova consiste principalmente in questa stessa grazia dello Spirito santo concessa ai fedeli di Cristo" (s. Tommaso. Summa I-II q. 106, a.1).
Libertà non è libertinaggio ...

martedì 27 ottobre 2009

45 – Credo nello Spirito Santo

Spirito Santo Questa terza parte del Simbolo è la rivelazione dell’opera dello Spirito negli uomini.
Gesù dice: "Lo Spirito di verità... voi lo conoscete perché dimora presso di voi e sarà in voi" (Gv 14,17). "Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra!" (At 1,8). Questa presenza, questo dinamismo profondo di Gesù nella Chiesa e nel mondo, hanno un nome, sono una persona: lo Spirito Santo.

lunedì 19 ottobre 2009

44 - Il giudizio universale

IL GIUDIZIO UNIVERSALE
Gli uomini saranno giudicati da un fratello, da un uomo. "Il Padre, infatti, non giudica nessuno, ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio, perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre" (Gv 5, 22-23). Venuta gloriosa di Gesù e giudizio universale saranno un solo avvenimento, l’ultimo della storia, il compimento totale e definitivo della divinizzazione dell’uomo. Sarà il giorno della "grande ricompensa" (Mt 5,12). "Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ciascuno per ricevere la ricompensa delle opere compiute, finché era nel corpo, sia in bene che in male" (2Cor 5,10). "Dio renderà a ciascuno secondo le sue opere: la vita eterna a coloro che perseverando nelle opere di bene cercano gloria, onore e incorruttibilità; sdegno ed ira contro coloro che per ribellione resistono alla verità e obbediscono all’ingiustizia" (Rm 2, 6-8). "Tutti infatti ci presenteremo al tribunale di Dio... Quindi ciascuno renderà conto a Dio di se stesso" (Rm 14,10-12).

lunedì 12 ottobre 2009

43 - Il purgatorio

almas_purgatorio_1 Il Concilio Vaticano II nella Lumen gentium afferma semplicemente che "la Chiesa di quelli che sono in cammino... fino dai primi tempi della religione cristiana ha coltivato con una grande pietà la memoria dei defunti e poiché santo e salutare è il pensiero di pregare per i defunti, perché siano assolti dai peccati" (2Mac 12,46), ha offerto per loro anche dei suffragi" (LG, 50).
Mettiamo dunque una pietra sopra un purgatorio tutto fuoco e fiamme. Fino al secolo XII "purgatorio" era un aggettivo. Si parlava di pene purgatorie cioè di pene che purificano. Fu uno sbaglio non solo grammaticale cambiare l’aggettivo in sostantivo. Ne venne fuori un luogo, una prigione con tutti gli orrori di "alme gementi fra vindici ardor".
Il purgatorio è un mistero di maturazione pasquale. E’ un’"incubatrice" dove ci è dato di portare a compimento quella crescita nella vita divina che non abbiamo realizzato nella vita presente; è l’ultimo tocco estetico prima di entrare nella vita eterna. Le anime sante del purgatorio stanno decisamente meglio di noi. "Non credo che dopo la felicità dei santi in paradiso, possa esistere una gioia paragonabile a quella delle anime del purgatorio" (s. Caterina da Genova +1510. Trattato del purgatorio, cap. 2). "Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, nessun tormento le toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero; la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza da noi una rovina, ma essi sono nella pace... la loro speranza è piena di immortalità... Coloro che gli sono fedeli vivranno presso di lui nell’amore perché grazia e misericordia sono riservate ai suoi eletti" (Sap 3,1-9).

lunedì 5 ottobre 2009

42 - Di là verrà a giudicare i vivi e i morti

michelangelo-giudizio-universale Il cristianesimo non è una faccenda privata fra Dio e il singolo. La parabola vera del giudizio (Mt 25,31-46) ci insegna l’identità tra la causa degli uomini e quella di Gesù: tutto avviene nel contesto di un confronto generale.
La Scrittura non ricorda mai direttamente il giudizio particolare (individuale) mentre il solo Nuovo Testamento parla più di settanta volte del giudizio universale.
La parabola del ricco cattivo e del povero Lazzaro (Lc 16,19-31) e la promessa fatta da Gesù al buon ladrone: "In verità ti dico oggi sarai con me in paradiso" (Lc 23,43) ci portano però a credere che c’è una retribuzione prima del giudizio finale. In tale senso si è espressa anche la dottrina della Chiesa.
Il nostro incontro con Dio non avrà nulla a che vedere con una procedura d’accusa, di difesa, di sentenza; né con un particolareggiato rendiconto di chi deve presentare un bilancio. Non ci troveremo a faccia a faccia con un Dio irritato, scrupolosamente documentato sui nostri misfatti per poterceli gettare violentemente in faccia senza dimenticarne alcuno. Tutto quanto non è amore non ha nulla a che vedere con Dio. Quindi questo "giudizio" va inteso come un attesissimo incontro tra due amici; non ha nulla di terribile e ha tutto di stupendamente bello; è l’incontro con l’Amore in persona, con la tenerezza assoluta; è l’immersione totale nell’"ampiezza, lunghezza, altezza e profondità dell’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza e ci ricolma di tutta la pienezza di Dio" (cfr Ef 3,18-19).
Certamente esiste anche il giudizio di condanna per coloro che rifiutano l’amore: Dio rispetta la libertà dell’uomo proprio perché lo ama.

martedì 29 settembre 2009

41 - Gesù il glorificato diventa il difensore efficace di qualunque uomo oppresso.

cristo-re-del-mondo   La Bibbia ci presenta Dio che libera dalle oppressioni di ogni genere il suo popolo in questo mondo. La storia del popolo ebreo comincia con un’esperienza di liberazione sociale e politica di cui Dio prende l’iniziativa e la direzione: libera dalla schiavitù degli Egiziani i discendenti di Abramo e li conduce a casa loro nella terra promessa. Il Signore è "colui che ha fatto uscire il suo popolo dall’Egitto" e l’ha portato alla libertà. Dio ama l’uomo e fa alleanza con lui e pretende che quest’uomo sia rispettato. Dio ama l’uomo a tal punto perché è suo figlio, perché ogni uomo è una cosa sola con suo Figlio, perché per ogni uomo Dio ha un solo progetto, una sola idea da realizzare: risuscitarlo, glorificarlo, divinizzarlo, farlo sedere alla sua destra. 
Liberatore degli oppressi, Dio invita il suo popolo a imitarlo. Le pratiche religiose e il culto sono cose secondarie (cfr Is 1,10-20).
"Non è piuttosto questo il digiuno che voglio ...


domenica 20 settembre 2009

40 - Salì al Cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente.

trinitaParlare di "discesa agli inferi" e di "salita al cielo" significa collocarci nell’universo a tre dimensioni, che è quello dell’esperienza immediata che noi viviamo. La Bibbia, che è scritta per gli uomini, usa questo modo universale di esprimersi. Per essa il cielo, in alto, è il luogo dove abita Dio; la terra è il luogo dove abitano gli uomini; gli inferi, in basso, sono il luogo dove abitano i morti e i demoni. Di conseguenza per visitare gli uomini Dio "discende" dal cielo; poi vi "risale". La "nube" è il suo veicolo.
Noi continuiamo a usare queste immagini nel linguaggio corrente, senza però esserne schiavi. Le nozioni di alto e basso sono relative alla posizione dell’osservatore, ma non hanno alcun valore in se stesse. Milano è a nord per chi sta a Roma e a sud per chi vive in Svizzera. Lo stesso dicasi del cielo; quello sotto cui viviamo è in alto, quello degli antipodi è in basso rispetto a noi. Di conseguenza Dio non è né in alto né in basso: è ovunque e al di là di tutto.
Solo due vangeli, Marco e Luca ...


domenica 13 settembre 2009

39 - Il terzo giorno risuscitò da morte - I discepoli di Gesù raccontano la fede: i racconti evangelici.

cenacolo 3) I racconti evangelici. Abbiamo udito i discepoli annunciare la loro fede ai non credenti (il kerygma) e celebrarla nelle loro comunità (credo, cantici). Il centro di questa fede è sempre uguale: Dio ha risuscitato, glorificato, fatto Signore, questo Gesù che era stato crocifisso.
La stessa fede viene espressa anche nei racconti evangelici. Qui non si afferma la fede in brevi formule, ma la si racconta, la si fa vedere. Il racconto evangelico corrisponde al bisogno di una comunità già costituita che vuole saperne di più sul significato dell’evento.

lunedì 7 settembre 2009

38 - Il terzo giorno risuscitò da morte - I discepoli di Gesù celebrano la loro fede: credo e cantici.

Gesù risorto - 05 2) Credo e cantici. Verso l’anno 45, s’inizia nella Chiesa a mettere per scritto i ricordi e l’insegnamento orale degli apostoli. A questo materiale scritto attingeranno gli evangelisti e san Paolo. I testi più antichi del Nuovo Testamento sono appunto le lettere di s. Paolo, a partire dal 50. Il primo dei nostri vangeli (Marco) sarà redatto all’epoca della morte di Paolo, nel 67.
Per quanto riguarda la risurrezione del Signore, limitiamoci alle cose più tipiche.

lunedì 31 agosto 2009

37 - Il terzo giorno risuscitò da morte - I discepoli di Gesù gridano la loro fede: il kerygma.

rubens01g Cosa significa: "Il terzo giorno è risuscitato secondo le Scritture"? Quali Scritture? Dove sta scritto?
Si è d’accordo nel vedere il punto di partenza di questa formula nel libro del profeta Osea: "Venite, ritorniamo al Signore: egli ci ha straziato ed egli ci guarirà. Egli ci ha percosso ed egli ci fascerà. Dopo due giorni ci ridarà la vita e il terzo giorno ci farà rialzare e noi vivremo alla sua presenza" (Os 6,1-2).
Il targum (traduzione-attualizzazione-commento in aramaico della Scrittura) interpreta così questo testo: "Ci farà vivere nel giorno delle consolazioni che devono venire; nel giorno in cui farà rivivere i morti, ci farà risorgere e noi vivremo davanti a lui".

martedì 25 agosto 2009

36 - "Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me" (Gv12,32).

  Gesu Crocifisso - 01 Verso il 1550, i giapponesi si lamentavano con s. Francesco Saverio: "Se Dio è buono, perché non si è rivelato ai giapponesi prima del tuo arrivo? Perché ha tradito i nostri padri, nascondendo loro la conoscenza della verità? Se Dio vuole salvare tutti gli uomini per mezzo di Gesù Cristo perché ha tardato così a lungo a rivelarcelo?".
Nel 1919, il principe ereditario del Giappone Hiro-Hito, volle incontrare il card. Mercier e gli disse: "Ho letto nel vangelo, che Cristo ha comandato ai suoi discepoli di diffondere la sua dottrina in tutto il mondo. Perché allora i discepoli di Gesù non hanno eseguito il suo ordine? Esistono nel mio paese 80 milioni di abitanti, che non hanno mai inteso parlare della vostra religione".

mercoledì 12 agosto 2009

35 – Discese agli inferi

ChristusSurrexit
La spiegazione di questo articolo del credo non è facile. Tuttavia non possiamo snobbarlo o svuotarlo del suo contenuto, affermando che tale immagine esprime solamente la realtà della morte. Il credo ha già proclamato la realtà della morte di Gesù: "Fu crocifisso, morì e fu sepolto". Qui fa un passo avanti e ci vuol dire qualche altra cosa. La discesa di Cristo agli inferi fa parte della sostanza della buona novella.
Prima di Cristo, tutti i popoli avevano una vaga idea (speranza o timore), di continuare a vivere dopo la morte e tentavano di "localizzare", di "materializzare" quello che doveva essere un modo di vivere, di esistere nel regno dei morti: sheòl per i giudei, ade o tartaro per i greci, inferi per i latini. Lasciando da parte ogni "localizzazione sotterranea", gli inferi erano l’incontro di tutti i defunti, lo stato (non il luogo) in cui ciascuno entrava quando raggiungeva i suoi antenati, come i fiumi vanno al mare. Sono questi gli inferi in cui Gesù Cristo, appena spirato, raggiunse gli spiriti, le anime di tutti gli uomini morti prima di lui e che aspettavano la salvezza.
Cosa vi andò a fare? "Andò ad annunziare la salvezza anche agli spiriti che attendevano in prigione" (1 Pt 3,19): "infatti è stata annunziata la buona novella anche ai morti, perché pur avendo subìto, perdendo la vita del corpo, la condanna comune a tutti gli uomini, vivano secondo Dio nello spirito" (1 Pt 4,6).
Gesù è venuto a salvare tutta l’umanità perché "Dio, nostro salvatore, vuole che tutti gli uomini siano salvati" (1 Tm 2,4). Quando si dice tutti non si intende solo i contemporanei di Cristo e noi che siamo venuti dopo, ma anche quelli che erano esistiti prima. Questi ultimi Gesù li ha cercati, trovati e salvati dove erano: negli inferi.
"Disceso da solo agli inferi, Cristo ne è risalito con una moltitudine" (S. Ignazio di Antiochia).

martedì 4 agosto 2009

34 – Fu sepolto

cr-depo-bourdon-x Fu sepolto. Era proprio necessario introdurre questa espressione in un simbolo della fede già così riassuntivo che aveva tralasciato completamente i fatti importanti della vita di Gesù, come la predicazione, i miracoli, ecc.?
La sepoltura, sotto la pietra della sua apparente banalità, nasconde la sua parte di mistero. Essa sottolinea una realtà fondamentale: Gesù fu veramente uomo come gli altri; aveva un corpo vero. Il seppellimento è il fatto più eloquente che ci fa dire d’un essere: è stato un uomo in carne e ossa. Non si possono seppellire uno spirito, un angelo, un demonio, un’idea, un’apparenza ecc. Cristo fu sepolto, come un uomo qualsiasi.
Il Signore è stato sepolto in circostanze ben precise. I vangeli le riferiscono minuziosamente. "Giuseppe d’Arimatea... chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse... Vi andò anche Nicodemo... e portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre (ossia Kg. 32,700). Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero in bende insieme con oli aromatici, com’è usanza seppellire per i giudei" (Gv 19,38-40). "Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo e lo depose nella sua tomba nuova che si era fatta scavare nella roccia: rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro se ne andò... Il giorno dopo, che era Parasceve (venerdì, giorno in cui si facevano i preparativi per il sabato), si riunirono presso Pilato i sommi sacerdoti e i farisei dicendo: "Signore, ci siamo ricordati che quell’impostore disse, mentre era vivo: dopo tre giorni risorgerò. Ordina dunque che sia vigilato il sepolcro fino al terzo giorno, perché non vengano i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: È risuscitato dai morti. Così quest’ultima impostura sarebbe peggiore della prima! Pilato disse loro: Avete la vostra guardia, andate e assicuratevi come credete. Ed essi andarono e assicurarono il sepolcro, sigillando la pietra e mettendovi la guardia" (Mt 27,59-66).
Dopo la feroce flagellazione, la crocifissione, il colpo di lancia al cuore, il rapporto ufficiale fatto dal centurione a Pilato, con una quantità di aromi capaci di asfissiare, nel piccolo spazio di una tomba chiusa, anche un sano, era evidente che Gesù giacevaCristo del Mantegna morto, senza possibilità di ritornare in vita. Sigillando la pietra e mettendovi la guardia, non poteva nemmeno essere sottratto dai discepoli. La profezia di Gesù: "Dopo tre giorni risusciterò" era quindi, umanamente parlando, assolutamente impossibile.

lunedì 27 luglio 2009

33 - Fu crocifisso, morì e fu sepolto

croce1
  La vita di Cristo uomo-Dio è confrontata con quella di "un tale chiamato Barabba che si trovava in carcere insieme ai ribelli che nel tumulto avevano commesso un omicidio" (Mc 15,7) e il piatto della bilancia pende in favore di Barabba. Dio prenderà su di sé la croce che spettava all’assassino, morendo innocente al posto del colpevole. Non è un caso, non è un errore giudiziario.
Gesù è crocifisso tra due malfattori. Ufficialmente sono tre malfattori. Gesù è "messo fra i malfattori" (Mc 15,28) e nemmeno questo è un caso: è una scelta d’amore, una scelta di campo. Cristo si identifica sempre con le vittime, mai con i carnefici. E siccome, vittime e carnefici "senza distinzione, tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù" (Rm 3, 22-24). "Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurci a Dio" (1Pt 3,18).
Noi peccatori, nella nostra vita, abbiamo più bisogno di pentimenti che di belle pagine, ci nutriamo più di perdono e di misericordia che di belle parole. Prima di morire Gesù pronuncia una preghiera la cui eco non si spegnerà mai nei secoli: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno" (Lc 23,34).
Per accertarsi che Gesù fosse veramente morto, "uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue ed acqua" (Gv 19,34). Da quel momento l’unica legge è quella del cuore aperto che versa tutto il sangue per gli altri. Come Dio è Padre-Amore tutto per noi (1Gv 4,7.21) così anche il Figlio è Amore tutto per noi. "Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo... fu crocifisso per noi. Questo è il mio corpo offerto per voi... il calice del mio sangue versato per voi e per tutti".
cr-depo-ciseri-xGesù, rifiutando l’egoismo di chi si chiude in se stesso si è svuotato per gli altri e crea una immagine nuova dell’uomo: l’uomo nuovo è l’uomo-per-gli-altri. "Gesù, essendo pienamente per gli altri, è pienamente se stesso, è modello della vera umanità. Diventare cristiani significa diventare uomini, concretizzando il vero essere umano che è "essere-per-gli-altri" ed "essere-per-Dio" (Joseph Ratzinger).
Morire è amare fino all’ultimo: e questo è vivere. "Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli" (1Gv 3,14).
È stato detto che si muore soli. Nulla di più falso. Solo Gesù è morto solo; noi moriamo con lui. Meglio, non moriamo, passiamo con lui alla Vita. La morte non ha più lo stesso volto, da quando Cristo vi è entrato e l’ha fatta sua. Prima la morte era solo morte, scomparsa, cancellazione, ora la morte non è più la soglia gelida della solitudine e del nulla; è la "porta stretta e la via angusta che conduce alla vita" (Mt 7,13) dietro la quale Cristo ci attende con le braccia aperte e con il cuore aperto. La morte non è più l’inferno; l’inferno è vinto da quando l’Amore e la Vita, Cristo, ci attende nel luogo che era chiamato il regno della morte.
Per Gesù morire significò "passare da questo mondo al Padre"gesu_perdono (Gv 13,1); per il cristiano significa "essere sciolto dal corpo per essere con Cristo" (Fil 1,23). Nel momento supremo "Gesù, gridando a gran voce, disse: "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito" (Lc 23,46); il cristiano, come Stefano, prega: "Signore Gesù, accogli il mio spirito" (At 7,59).

lunedì 20 luglio 2009

32 - Siete stati comprati a caro prezzo (1Cor 6,20; 7,23).

gesù misericordioso La passione e morte di Cristo ci vengono presentate dalla Bibbia come sacrificio, riscatto, redenzione, salvezza, remissione dei peccati ecc.
Il prezzo di questo riscatto e di questo acquisto è stato il sangue di Cristo. "Abbiamo la redenzione mediante il suo sangue" (Ef 1,7). "Cristo Gesù ha dato se stesso in riscatto per tutti" (1 Tm 2,6). "Tu (Cristo) sei stato immolato e hai riscattato per Dio con il tuo sangue uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione" (Ap 5,9). "Siete stati comprati a caro prezzo" (1Cor 6,20; 7,23).
Nella messa ci viene ripresentato il corpo di Cristo "offerto in sacrificio" per noi e il sangue di Cristo "versato per tutti in remissione dei peccati".
Il sangue (= la vita) di Cristo non è stato versato come riscatto al diavolo: non si tratta di una transazione commerciale per l’acquisto dell’umanità, per il passaggio di proprietà da satana a Dio. Non è neppure un prezzo pagato a Dio per "soddisfare" la sua giustizia o la sua collera. Dio non è un giustiziere sanguinario, un usuraio rapace a cui non interessa la provenienza del riscatto, che sacrifica l’innocente (Cristo) al posto del colpevole (l’umanità) purché qualcuno paghi e gli restituisca il suo avere. Se "Dio è amore" (1 Gv 4,8) dobbiamo eliminare dal mistero cristiano tutto quanto non è amore, tutti i residui delle idee pagane che stentano a morire in noi.
"Quasi tutte le religioni gravitano attorno al problema dell’espiazione; esse si radicano nella coscienza che l’uomo ha della propria colpevolezza davanti a Dio e rappresentano un tentativo di placare il senso di colpa, per vincere il peccato (e la paura) con azioni espiatorie da presentare a Dio. Nel Nuovo Testamento invece la situazione è quasi esattamente capovolta. Non è l’uomo che si accosta a Dio per presentargli un’offerta riparatrice, ma è Dio che si avvicina all’uomo per accordargli un dono. Per iniziativa stessa della sua potenza amorosa, egli restaura il diritto leso, giustificando l’uomo colpevole mediante la sua misericordia creatrice e richiamando alla vita colui che era morto. La sua giustizia è grazia... Qui ci troviamo davvero di fronte alla svolta portata dal cristianesimo nella storia delle religioni: il Nuovo Testamento non dice che gli uomini si riconcilino con Dio, come del resto dovremmo attenderci, perché sono essi che hanno sbagliato, non Dio. Ci dice invece: "È stato Dio a riconciliare a sé il mondo in Cristo" (2Cor 5,19)" (Joseph Ratzinger).
Il capitolo 15 di Luca ci dice che non è l’uomo che cerca Dio, ma Dio che cerca l’uomo, lo porta sulle sue spalle e lo riaccoglie nella sua casa: è Dio che si assume il gravoso impegno della reintegrazione del figlio prodigo e della pietà onerosa del samaritano (Lc 10, 29-37). "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Gv 3,16). Dio si fa uomo, diventa membro a pieno diritto di questa umanità, ne è addirittura il capo, la testa, e in lui l’umanità intera offre a Dio un sacrificio d’amore: l’obbedienza assoluta a Dio, l’adesione a Dio fino alla morte.

mercoledì 15 luglio 2009

31 - "Io vi dico di non opporvi al malvagio…”

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Pilato, davanti a Gesù, si richiama alla sua autorità: "Non sai che io ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?" (Gv 19,10). Ma Gesù rifiuta l’assoluto di questa autorità, ne subisce le inique conseguenze senza ribellarsi e s’incammina verso il Calvario portando la sua croce.
L’insegnamento di Cristo è inequivocabile: "Io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra; e a chi ti vuole chiamare a giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due..." (Mt 5,39-41).
Secondo Cristo il rimedio contro le forme di oppressione e contro l’arroganza dei poteri politici e religiosi non è la lotta, ma la debolezza e l’umiltà dell’amore, la debolezza e l’umiltà di Dio. Il solo rimedio è uccidere l’odio, prima di tutto nel proprio cuore.
Su questa linea è l’insegnamento della Chiesa: "Oggi gli uomini aspirano a liberarsi dal bisogno e dalla dipendenza. Ma questa liberazione s’inizia con la libertà interiore che essi devono ricuperare dinanzi ai loro beni e ai loro poteri; essi mai vi riusciranno se non tramite un amore che trascenda l’uomo e, di conseguenza, tramite una effettiva disponibilità al servizio. Altrimenti, e lo si vede fin troppo, anche le più rivoluzionarie ideologie otterranno soltanto un cambio di padroni: insediati a loro volta al potere, i nuovi padroni si circondano di privilegi, limitano le libertà e permettono che si instaurino altre forme di ingiustizia" (Paolo VI, Octogesima adveniens, 45; 14 maggio 1971).
"La Chiesa reputa certamente importante e urgente edificare strutture più umane, più giuste, più rispettose dei diritti della persona, meno oppressive  e meno coercitive, ma è cosciente che le migliori strutture, i sistemi meglio idealizzati diventano presto inumani se le inclinazioni inumane del cuore dell’uomo non sono risanate, se non c’è una conversione del cuore e della mente di coloro che vivono in queste strutture o le dominano. La Chiesa non può accettare la violenza, soprattutto la forza delle armi, né la morte di chicchessia, come cammino di liberazione, perché sa che la violenza chiama sempre la violenza e genera irresistibilmente nuove forme di oppressione e di schiavitù più pesanti di quelle dalle quali essa pretendeva liberare. Lo dicemmo chiaramente nel nostro viaggio in Colombia: "Vi esortiamo a non porre la vostra fiducia nella violenza né nella rivoluzione; tale atteggiamento è contrario allo spirito cristiano e può anche ritardare, e non favorire, l’elevazione sociale alla quale legittimamente aspirate" (Discorso ai campesinos, 23-8-1968); "Dobbiamo dire e riaffermare che la violenza non è né cristiana né evangelica e che i mutamenti bruschi o violenti delle strutture sarebbero fallaci, inefficaci in se stessi e certamente non conformi alla dignità del popolo" (Discorso per la "Giornata dello sviluppo" Bogotà 23-8-1968) (Paolo VI; Evangelii nuntiandi, 36-37; 8 dicembre 1975).
"La liberazione che proclama e prepara l’evangelizzazione è quella che Cristo ha annunziato e donato all’uomo mediante il suo sacrificio" (Paolo VI; EN. 38).ecce_homo

lunedì 6 luglio 2009

30 - "Senza dolore non si vive nell’amore".

L’uomo si supera solo attraverso la soffer!cid_00301C54C1CA43EFB30DE93F4E39B211@PCLuciaenza.  
Vivere è amare; amare è morire. Amare significa uscire da se stessi, dimenticarsi, sacrificarsi, cancellarsi, negarsi, per gli altri. La morte rappresenta l’annullamento completo di sé; se è accettata, è il vertice dell’amore. La morte per gli altri è la sola testimonianza irrefutabile d’un amore senza egoismo. Dio muore per amore verso gli uomini; l’uomo è chiamato a morire per amore verso Dio e verso i fratelli. È questo l’amore infinito perché "nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Gv 15,13).
jesus2Sfortunatamente il nostro amore non è infinito, non è libero  dall’egoismo, non è puro. La soffere nza è il solo mezzo per la nostra purificazione, il mezzo per ridurre in noi stessi l’egoismo e generarvi l’amore. La sofferenza non è qualcosa di accidentale o di incidentale, ma è la via. Per il credente, la sofferenza non è assolutamente un’assenza di Dio, ma una presenza d’amore. L’autore della "Imitazione di Cristo" dice: "Senza dolore non si vive nell’amore".
"Come nessuno ama Dio senza soffrire, così nessuno vede Dio senza morire... Nessuna volontà è buona se non è uscita da sé per lasciare tutto lo spazio all’invasione di quella di Dio" (Maurice Blondel).
Gesù non ha subìto una morte qualsiasi per motivi indefiniti. Fu arrestato, giudicato, condannato e ucciso per motivi precisi e da poteri ben determinati.
Il conflitto fra Gesù e i ca pi del popolo scoppia violento fin dai primi incontri (Mc 1,6-12; 3,1-6) e diventerà sempre più insanabile, fino all’uccisione di Gesù. Il complotto degli uomini contro Gesù prende tutto il vangelo e sfocia in due processi lungamente particolareggiati. Gesù crocifisso non è altro che Gesù condannato dai poteri civili e religiosi.gesu298
Gesù perde il processo religioso davanti alla sua chiesa: è un falso profeta. Il Dio che egli rivela, il Dio che egli è o pretende di essere, non è il Dio della sua chiesa ebraica.
Gesù guarda l’uomo, i suoi interessi, la sua salvezza. Per i suoi avversari invece sono importanti la legge, la tradizione, la burocrazia, le scartoffie... I suoi avversari non si preoccupano affatto dei peccatori, dei poveri, ma solo della legge e della sua applicazione. Gesù proclama: "Il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato!" (Mc 2,27). L’uomo religioso di allora faceva di Dio il nemico dell’uomo. La rivolta di Gesù contro i padroni della legge (scribi, farisei, sadducei, classi dominanti) è una rivolta in favore dei piccoli, oppressi da un giogo insopportabile. Le sette lamentazioni rivolte agli scribi e ai farisei: "Guai a voi, scribi e farisei ipocriti" (Mt 23,13-32) con le motivazioni addotte, sono un ottimo quadro riassuntivo della situazione di allora.
Gesù perde il processo civile davanti all’autorità politica. Pilato dichiara ben tre volte: "Io non trovo in lui nessuna colpa" (Gv 18,38; 19,4.6), ma "ebbe paura crescente" (Gv 19,8) "e lo consegnò loro perché fosse crocifisso" (Gv 19,16).
jesusDio è condannato dai poteri. Condannato perché vuole essere libero e liberatore. Il peccato del mondo è soprattutto il potere che schiaccia il debole e condanna l’innocente; il potere pubblico o privato che domina invece di servire, che sfrutta invece di amare.
Fu chiesto a Raoul Follereau: "Quando scriveste a Krusciov e a Eisenhower, che, se avessero rinunciato a un apparecchio da bombardamento ciascuno, si sarebbero potuti curare tutti i lebbrosi del mondo, avete avuto risposta? Rispose: No... Nella potenza e nella ricchezza esiste un confine oltre il quale non si è più né americani né russi, né cristiani né atei: si è potenti, si è ricchi; si è disumanizzati".

lunedì 29 giugno 2009

29 - "Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?" (Lc 24,26)

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Dobbiamo renderci conto che Dio vede la sofferenza in modo diverso dal nostro. Dio ha una concezione molto positiva sulla sofferenza come mezzo, al punto che egli accoglie per se stesso il dolore come strada necessaria. Ai discepoli di Emmaus Gesù spiega: "Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze  per entrare nella sua gloria?" (Lc 24,26). E agli apostoli: "In verità, in verità, vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Gv 12,24).
Secondo il modo di vedere di Dio e nell’esperienza di Gesù, la sofferenza della passione sfocia nella gloria della risurrezione, la morte di uno è la vita di tutti.
L’uomo non sa assolutamente liberarsi dal suo egoismo di grano sterile e pensa di trovare la vita conservandola per sé. Gesù insegna: "Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita, per causa mia, la troverà" (Mt 10,39).
La sofferenza dell’uomo e del mondo è un radicale mutamento, una spinta urgente verso una vita diversa e migliore. Per questo è lacerazione, sbriciolamento, trauma, morte. È una legge generale. Morte della crisalide che diventa farfalla, annientamento dell’uovo che diventa pulcino, marcire del chicco che diventa spiga e messe, sgomberare il terreno dalla baracca per costruirvi un grattacielo. Dice il prefazio della liturgia eucaristica funebre "Ai tuoi fedeli, o Signore, la vita non è tolta ma trasformata: e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata una abitazione eterna nel cielo".
ritorno6Il mistero pasquale è il passaggio (Pasqua significa passaggio!) da una vita all’altra. La vita terrena deve essere necessariamente  snidata dalla sua tranquillità, sottoposta a un passaggio, segnato dal sangue, verso la morte, ultima tappa prima della vita eterna. Il cristiano sa che questi dolori sono le doglie del parto per la nascita di un mondo nuovo: "Io ritengo, infatti, che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi... Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo" (Rm 8, 18-23).
La madre vuole i dolori del parto; li vorrebbe anche il figlio se sapesse che rappresentano la condizione perché da embrione diventi un uomo: "La donna, quando partorisce, è afflitta perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell’afflizione, per la gioia che 390_0_443951_150253è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nella tristezza; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia. In quel giorno non mi domanderete più nulla" (Gv 16,21-23).

martedì 23 giugno 2009

28 - Patì sotto Ponzio Pilato

Gesù nell'orto degli uliviDopo la concezione di Gesù e la sua nascita, il Credo passa direttamente alla sua morte, saltando a piè pari la sua vita. I nomi di Maria e di Pilato sono citati uno dopo l’altro in una prossimità che colpisce. Maria e Pilato, una dissonanza ardita. Mediante loro due il Figlio di Dio si è veramente incorporato alla nostra umanità: alla nostra razza umana mediante la sua madre umana, Maria; alla nostra storia umana, civile e politica, mediante Ponzio Pilato.
Maria... Pilato: l’amore che fa vivere Gesù, l’egoismo che lo fa morire; la madre di Dio, l’assassino di Dio; l’umanità, la migliore e la peggiore: noi tutti.
Patì. Cristo non ha cercato la croce, non ha torturato sé  stesso. Anzi di fronte alla passione ha sudato sangue, ha gridato la sua paura, ha supplicato di essere liberato dalla morte (cfr. Mt 26,36-42; Lc 22,39-44). "Nei giorni della sua vita terrena egli (Cristo) offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà; pur essendo Figlio, imparò tuttavia l’obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono" (Eb 5,7-9)
croce1Patì. È forse questa la risposta di Dio al mistero della sofferenza degli uomini? Ogni uomo cozza duramente contro la sofferenza, non se ne sa dare una ragione e non ne vede l’utilità per nessuno: né per sé, né per gli altri, né tanto meno per Dio. Allora perché? Per chi?
  Trecento anni prima di Cristo, Epicuro faceva questo ragionamento: "O Dio vuol sopprimere il male e non può, e allora è impotente... Oppure non vuole e non può, e allora è un niente... Oppure può sopprimere il male e non vuole, e allora è maligno... O, infine, può e vuole, e allora dov’è questo Dio e da dove viene il male?...".
I filosofi cristiani, pagani e atei hanno tentato delle spiegazioni: è il loro mestiere. Cristo, il giusto, non tenta nessuna giustificazione della sofferenza e della morte. Le combatte per distruggerle definitivamente. La ribellione degli uomini è anche la sua. Guarisce i malati, risuscita i morti, lotta per gli umiliati, perdona ai peccatori... A tutti insegna: "Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica... Siate misericordiosi... Non giudicate... Non condannate... Perdonate" (Lc 6,27-37). E di tutto quanto ha insegnato ne dà l’esempio levando alto il suo grido di vendetta contro i suoi carnefici: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno" (Lc 23,34).
Anche i discepoli di Cristo cercarono spiegazioni davanti al cieco nato. Gesù non dà spiegazioni: lo guarisce (cfr. Gv 9,1-7).
Di fronte a ogni sofferenza si possono prendere vari atteggiamenti, reagire in svariate maniere, ma tutto può ridursi a due comportamenti fondamentali: fare o filosofare. Cristo ha scelto il primo e lo ha comandato anche a noi. Sui fatti verterà il suo giudizio nei confronti del mondo e di noi stessi alla fine dei tempi: sulla nostra preoccupazione effettiva di porre fine alle sofferenze degli affamati, degli assetati, di chi non ha vestiti, degli stranieri, degli ammalati, dei prigionieri (cfr. Mt 25,31-46).cr-depo-carracci-x
Per i filosofi il male è un problema; per Cristo e per i cristiani è un nemico, uno scandalo, una provocazione; ed esige una protesta, una mobilitazione, una rivolta. Non si spiega il male, lo si combatte!

martedì 16 giugno 2009

27 - «Se uno dicesse: "Io amo Dio" e odiasse suo fratello, è un mentitore.

samaritano  L’incarnazione non si conclude con l’ascensione di Cristo. Gesù è rimasto uomo, un uomo assiso alla destra del Padre onnipotente.
Il fariseo è colui che tenta di fare delle buone relazioni con Dio una scusa alle cattive relazioni con il prossimo (cfr. Lc 18,9-14), che escogita il modo per non pagare il sussidio alimentare ai genitori votando i suoi beni a Dio (cf. Mt 15,5). I conti in regola con Dio gli   danno la possibilità di sentirsi la coscienza tranquilla nei confronti degli altri.
Cristo ha rovesciato simili ragionamenti. Egli ci ha detto: hai gli stessi doveri verso Dio e verso il prossimo: tu non sei più vicino a Dio di quanto tu non lo sia al prossimo; l’unica prova decisiva che tu ami Dio è che tu ami il fratello: «Se uno dicesse: "Io amo Dio" e odiasse suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio ami anche suo fratello» (1Gv 4,20-21).
28250LL’eresia più pericolosa consiste nel disincarnare Cristo, nel liberare Dio dal corpo, nel rimetterlo in cielo. Se Dio se ne stesse in cielo io potrei  odiare tranquillamente il mio prossimo o, peggio ancora, potrei ignorarlo, starmene a casa mia tranquillo, con la mia povera religione della domenica. Potrei onorare Dio, e, durante la settimana, servirmi del fratello anziché servire il fratello.
La religione dell’incarnazione è scomoda e mette continuamente in discussione la nostra quiete: Dio è sempre presente. "Io, Cristo, ho fame, ho sete, sono forestiero, nudo, malato, carcerato" (cfr. Mt 25,31-46).
Tutte le strutture della società sono anticristiane: capitalismo, proletariato, privilegi di classe, di denaro, di razza e di colore, di educazione e di cultura; ovunque privilegi e barriere e quindi oppressione. E Cristo non è tra i privilegiati!
Cristo è in terra e si tratta di una presenza terribile. Gli avversari dell’incarnazione vogliono una religione comoda: per questo esiliano Cristo, separano Dio dall’uomo. Ognuno sistema le sue faccende come vuole e tutto è più facile quando Dio non beata-madre-teresa-di-calcuttainterviene a complicare le cose.
Alla fine del mondo risuonerà la stessa parola che risuonò in principio: "Caino, dov’è tuo fratello Abele?" (cfr. Gen 4,9).

martedì 9 giugno 2009

26 - Gesù vero Dio e vero uomo

627 Gesù vero Dio e vero uomo ha Dio solo per Padre. Lo Spirito Santo non è un padre supplente, ma la potenza creatrice del Padre, "la potenza dell’Altissimo" (Lc 1,55) che porta la creazione al momento massimo della perfezione: l’uomo Cristo Gesù.
Un saggio indù ha detto che l’Europa ha capito soltanto metà del messaggio di Cristo. Essa ha capito che Cristo e Dio sono un tutt’uno; deve però ancora scoprire l’altra metà, che cioè Cristo e l’uomo sono un tutt’uno, che l’uomo, ogni uomo, anche il più piccolo degli uomini è suo (di Cristo).
L’incarnazione scandalizza i giudei: essa abbassa l’Altissimo, macchia il Santo con l’impurità della nascita, del sangue, della morte.
L’incarnazione è stoltezza per i greci (pensatori e filosofi): essa pone l’Eterno nel tempo, lo spirito nella materia, l’uno nel molteplice, l’universale nel particolare. Essa è esattamente il cammino inverso dell’idealismo greco che cerca la salvezza nella disincarnazione.
Ma soprattutto l’incarnazione sconvolge e supera noi cristiani di ieri e di oggi. Tutte le grandi eresie indicano la nostra resistenza a tale vertiginoso ideale, a questo avvicinamento sconvolgente e inquietante: l’unione reale dell’uomo con Dio.
Anche oggi ci sono eresie sommerse ma pericolose come mine vaganti inesplose. Il cristiano mal istruito crede che Gesù si è manifestato in un corpo senz’anima umana e considera la parola "carne" esclusivamente in senso materiale, come la bistecca, mentre significa "uomo". "Il Verbo si è fatto carne" (Gv 1,14) significa "si è fatto uomo".
Il cristiano troppo dotto rappresenta Cristo come qualcuno che ha il ciclomotore, ma fa finta di pedalare su una comune bicicletta per incoraggiare i ciclisti (noi uomini). Finge di affaticarsi sui pedali, ogni tanto sospira per dare l’impressione che è stanco, si asciuga il sudore perché gli altri sudano. Ma con tutto ciò va sul ciclomotore. In altre parole, Cristo ha risolto i suoi problemi di uomo con il motore della sua divinità e non pigiando faticosamente sui pedali della sua umanità.
Qualcuno ci disse che Gesù non pregava per necessità, ma per darci il buon esempio. Faceva finta! Anche Bossuet ci lascia di stucco quando commenta la frase del vangelo "Gesù cresceva in sapienza, statura e grazia davanti a Dio e agli uomini" Lc 2,52). Dice: "Gesù possedeva tutta la perfezione fin dal principio, ma la lascia trasparire progressivamente per rassomigliare a un vero bambino" (Bossuet, Elévations sur les Mystères). Ha fatto finta di crescere, ha fatto finta di essere un bambino!
Qualcuno crede che Gesù è stato uomo, ma non lo è più e che in eterno è soltanto Dio.
Altri allontanano Cristo dal mondo, lo confinano in cielo, lo incensano, lo esiliano totalmente e rendono la carità fraterna, al massimo, un comando, una occasione di merito e non quale essa è: un atto di amore a Cristo che si identifica con l’uomo: "Ogni volta che avete fatto tutte queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me" (Mt 25,40).
P7257278Occorre essere Dio per riuscire ad amare gli uomini. Occorre che l’uomo sia Dio per avere un motivo sufficiente per amare l’altro, perché ci sia una ragione proporzionata ai sacrifici inauditi che un simile amore esige e alle delusioni che esso procura. L’unico mezzo per amare gli uomini è credere che Dio è uomo.

lunedì 1 giugno 2009

25 - Fu concepito di Spirito Santo nacque da Maria Vergine

Leggiamo alcuni testi della Scrittura che narrano il fatto.annunciaz01
«L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: “Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te”. A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L’angelo le disse: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine". Allora Maria disse all’angelo: "Come è possibile? Non conosco uomo". Le rispose l’angelo: "Lo Spirito santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio". Allora Maria disse: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" e l’angelo partì da lei» (Lc 1,26-38).
«Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua Madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito santo. Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati". Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi» (Mt 1,18-23).
"Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio nato da donna" (Gal 4,4).
Sant’Ignazio d’Antiochia (+107) scrive: "Siate dunque sordi quando qualcuno vi faccia discorsi che non vi parlano di Gesù Cristo, disceso dalla stirpe di Davide, figlio di Maria, che realmente nacque, mangiò e bevve, fu realmente perseguitato sotto Ponzio Pilato, eccehomo (2) fu realmente crocifisso e morì... che realmente risuscitò dai morti; e lo risuscitò il Padre suo, che risusciterà similmente anche noi che crediamo in lui, per virtù di Gesù Cristo, senza il quale noi non possediamo la vera vita" (Lettera ai Tralliani).
“La vera fede è credere e proclamare che nostro Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio è Dio e uomo. È Dio, eternamente generato dalla sostanza del Padre; è uomo, nato nel tempo dalla sostanza di sua madre. Perfettamente Dio; perfettamente uomo; composto da un’anima razionale e da un corpo umano. Uguale al Padre secondo la divinità; meno grande del Padre secondo l’umanità. Anche se è Dio e uomo non ci sono tuttavia due Cristo ma uno solo. Uno solo non perché la divinità sia stata trasformata in carne, ma perché l’umanità è stata presa da Dio. Uno solo assolutamente, non per confusione dell’umano e del divino, ma per l’unità della persona. Infatti, come l’anima razionale e il corpo sono un solo uomo, così Dio e l’uomo sono un solo Cristo" (Dal Simbolo detto "di sant’Atanasio" +373).

lunedì 25 maggio 2009

24 - Nostro Signore

ottavaLa signoria è un titolo d’onore, d’autorità, di potere. Il Signore con la maiuscola è Jahvè, è Dio in quanto sovrano di tutta la creazione.
Oggi si usa il titolo di "signore" per il primo venuto. Anche nel vangelo alcuni che si avvicinavano a Cristo lo chiamavano "signore" in questo senso generico: la samaritana al pozzo (Gv 4, 11.15), il paralitico di Betsaida (Gv 5,7), Maria Maddalena fuori dal sepolcro vuoto (Gv 20,15). Ma per i discepoli di Gesù, questo titolo dato al loro maestro esprime molto più della comune buona creanza. Gesù è "il Signore", a un titolo assolutamente unico.
Dopo la risurrezione, sul mare di Tiberiade, i discepoli rientrano dalla pesca a mani vuote. Dalla riva uno sconosciuto chiede loro: "Figlioli non avete nulla da mangiare?" Gli risposero: "No". Allora disse loro: "Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete". La gettarono e non potevano più tirarla su per la gran quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: "È il Signore!"... E nessuno dei discepoli osava domandargli: "Chi sei?", poiché sapevano bene che era il Signore" (Gv 21,5-12).
Dopo la Pentecoste lo Spirito santo proietta una piena luce sugli avvenimenti pasquali. Il primo discorso di Pietro alla folla il giorno di Pentecoste, conclude così: "Sappia dunque con certezza tutta la casa di Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso!" (At 2,36). Paolo scrive: "Per questo infatti Cristo è morto e ritornato in vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi" (Rm 14,9). Questo titolo esprime il culmine del mistero di Gesù Cristo Figlio di Dio.
Due o tre secoli prima di Cristo fu tradotta in greco la bibbia ebraica. Il nome di Dio, Jahvè, fu tradotto con il termine Kyrios, Signore. Da quell’epoca conseguentemente nella Bibbia Kyrios significa Jahvè, il nome di Dio. "Gesù è il Signore" significa dunque "Gesù è Jahvè", né più né meno: Jahvè come il Padre.
Gesù di Nazaret, figlio di Maria, falegname di professione, è Jahvè Signore-Dio. Siamo qui nel cuore del mistero di Gesù Cristo, al centro della fede cristiana essenziale. "Se confesserai con la bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio l’ha risuscitato dai morti, sarai salvo" (Rm 10,9).
Gesù Cristo "è il Signore di tutti" (At 10,36). "Nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore" (Fil 2,10-11).
La fede viene professata più nella vita quotidiana che con la recita domenicale del Credo. Potrebbe accadere, senza saperlo, che Gesù Cristo sia "nostro Signore" in mezzo a tanti altri signori.
Gesù non può essere uno dei nostri signori e nemmeno il primo fra gli altri: è il solo Signore. Il Credo di Nicea proclama: "Credo in un solo Signore Gesù Cristo".
Nei primi secoli della Chiesa, l’imperatore rivendicava per sé il titolo di dio. Accanto a lui brulicava una fauna di signori piccoli e grandi, buoni e cattivi. Tutto questo è cambiato solo in superficie. Abbiamo i divi dello stadio e dello spettacolo, i tiranni della burocrazia e della moda, i magnati della politica e della stampa, ecc.
Ci dedichiamo all’adorazione del denaro e di chi ne possiede, del potere e di coloro che lo detengono, del prestigio, della bellezza, ecc.
Il cristiano può verificare l’autenticità della sua fede in Gesù Cristo come unico assoluto, misurando l’allergia che sente verso ogni tipo di piccoli assoluti che pullulano nella società umana. Il cristiano rende volentieri a Cesare quello che è di Cesare (cfr. Mt 22,21) e a ciascuno l’onore che merita, ma è sovranamente libero, ascolta e segue solo Cristo (cfr. Gv 10,3-4).
La Chiesa non deve rendere culto agli dei di questo mondo né esigere essa stessa un simile riconoscimento. Il suo Signore ha rifiutato di essere re (Gv 6,15), ha condannato lo spirito di dominio che tentava di attecchire fra i suoi (cfr. Lc 22, 24-27).
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Dà loro un potere, quello di servire; una divisa per il comando e per la liturgia: il grembiule (Gv 13,4).
Da quel momento, al seguito di Cristo, ci sono solo fratelli e sorelle in servizio reciproco. Solo Gesù è Signore. Per il cristiano non esiste altra signoria che quella di Gesù. Egli è "il solo Signore". È il solo Signore della creazione (per mezzo di Lui tutte le cose sono state create) e della storia degli uomini, l’inizio e la fine (Ap 22,13), il primo e l’ultimo (Ap 1,17), l’alfa e l’omega (Ap 1,8), ossia il tutto.

lunedì 18 maggio 2009

23 - "Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia" (1Cor 13,12)

20400AF S. Paolo parla della conoscenza di Dio nell’"oggi" di questa vita in contrapposizione a quella che si avrà nell’"allora" della visione del cielo. "Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia" (1Cor 13,12).
In attesa della visione "a faccia a faccia", accontentiamoci di guardare nello specchio,
Gli specchi in cui possiamo vedere la santissima Trinità "in maniera confusa" sono diversi. Il triangolo, coi suoi tre angoli comprendenti ciascuno una superficie unica e comune soddisferà l’arida intelligenza del matematico. Il filosofo preferirà entrare in se stesso e analizzarsi seguendo un ragionamento che potrebbe essere formulato così: "Io penso... E penso un pensiero che viene da me, senza essere me stesso, un pensiero che esprimo in una "parola", in un logos che procede da me, come figlio della mia intelligenza... Sperimento in me una terza forza: amo, e il mio amore scaturisce da me come un "alito" di tenerezza che diffonde veramente attorno a me la vita...". Un solo essere, tre potenze realmente distinte: un’analogia che sottolinea adeguatamente l’unità della natura in Dio, ma a scapito della trinità delle persone perché questo io del filosofo è una persona sola.
Guardiamo piuttosto lo specchio dell’amore, dato che s. Giovanni, in un passo ispirato delle Scritture, ci dà di Dio questa definizione: "Dio è amore" (1 Gv 4, 8.16). Questo specchio, meno intellettuale dei precedenti è più eloquente, riflette meglio l’esperienza umana e ha un forte appoggio nel libro della Genesi. Dio disse: "Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza..." Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi..." Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona (Gen 1, 26-31). Dio ci ha insegnato che è una famiglia, Padre, Figlio è Spirito. La famiglia umana, quindi, ci mette sulla strada buona: essa e "l’uomo a immagine e somiglianza di Dio", è lo specchio vivente più terso di Dio-Trinità.
Certamente, immagine imperfetta! Ma è pur vero che nel profondo della nostra esperienza familiare troviamo una pallida, ma sconvolgente idea, come un invito e una nostalgia di ciò che Dio vive nel cuore della Trinità.
"Molti cristiani di oggi, senza saperlo, coltivano un certo platonismo. Essi bruciano il loro granello d’incenso al mito del Dio greco, individuo perfetto, immobile e splendente, mentre il mistero rivelato da Gesù è quello di una famiglia di tre persone talmente unite dall’amore da essere UN Dio" (F. Varillon).
Troppi battezzati, nella loro fede e nella loro preghiera, pensano d’aver solo rapporti col Dio unico che pregano alla maniera degli ebrei o dei musulmani, ignorando praticamente le tre Persone. La rivelazione e la liturgia ci invitano a incontrare personalmente il Padre, il Figlio e lo Spirito santo.
"Il mistero della Trinità è il mistero della famiglia (o comunità) divina. Un Dio unipersonale (che fosse una persona sola) non sarebbe un Dio vivente. La Trinità non è una "variazione" sul basso continuo della divinità, qualunque cosa ne dica il filosofo. Non è, per il cristiano, una "sovrastruttura". Per questo dobbiamo guardarci dall’insegnare prima di tutto Dio e successivamente la Trinità. Ma prima la Trinità, Dio, in tre persone. Il buon Dio è il Dio amore, il Dio Trinità" (F. Varillon).

lunedì 11 maggio 2009

22 - Il simbolo di Nicea, che recitiamo durante la S. Messa

cenacolo
All’inizio del IV secolo, verso l’anno 320, viveva ad Alessandria d’Egitto un prete austero, pio e colto di nome Ario. A grandi linee il suo insegnamento era questo: "Dio è uno, eterno non generato. Gli altri esseri sono creature, il Logos per primo. Come tutte le altre creature, il Logos è stato tratto dal nulla e non dalla sostanza divina; ci fu un tempo in cui non esisteva. È stato creato mediante un atto libero di Dio. Creatura di Dio, il Logos è a sua volta, creatore degli altri esseri; questo rapporto giustifica il titolo di Dio che gli è dato impropriamente. Dio lo ha adottato come figlio ma da questa filiazione adottiva non discende alcuna partecipazione reale alla divinità, alcuna somiglianza con Dio. Dio non può avere uno che gli assomigli. Lo Spirito Santo è la prima creatura del Logos e quindi ancora meno Dio del Logos stesso...".
Era la totale distruzione di Cristo e del cristianesimo!
L’imperatore Costantino convocò il primo concilio "ecumenico" (300 vescovi quasi tutti orientali) a Nicea in Bitinia. Era l’anno 325.
I vescovi condannarono la dottrina di Ario e si permisero di aggiungere qualcosa al simbolo degli apostoli. Abbiamo così il simbolo di Nicea completato successivamente a Costantinopoli (a. 381), il simbolo che recitiamo durante la messa.
Cerchiamo di comprenderlo.
Unigenito Figlio di Dio. Gesù Cristo è il solo generato, figlio per generazione e non per adozione. Questo termine "unigenito" è nel vangelo di Giovanni: "Noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre" (Gv 1,14). "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Gv 3,16).
Nato dal Padre. L’espressione "nato da" non si trova nella Scrittura, ma vi si trova una espressione ancora più forte: "Figlio unigenito che è nel seno del Padre" (Gv 1,18).
Prima di tutti i secoli. Per noi generazione e nascita richiamano necessariamente l’idea dell’inizio, la preesistenza del padre e della madre rispetto al figlio ecc. perché ogni generazione umana avviene nel tempo. Non così per la nascita del Figlio di Dio. È una nascita prima dell’inizio, una nascita eterna. Il Padre e il Figlio sono coeterni (come di due persone nate nello stesso anno si dice coetanei).
Dio da Dio. Il Padre è Dio. Quindi il Figlio è Dio. La divinità del Figlio è la stessa del Padre. "Tutto quello che il Padre possiede è mio" (Gv 16,15).
Luce da luce. "Dio è luce" (1 Gv 1,5), è "il Padre della luce" (Gc 1,17). Gesù dice di se stesso: "Io sono la luce" (Gv 8,12). Non "una" luce, ma "la" luce.
Dio vero da Dio vero. Non Dio nominalmente o per adozione o per partecipazione, ma Dio vero, senza lasciare scappatoie o possibilità di equivoci.
Generato non creato. Ario diceva: Dio Padre è "ingenerato", ma il Figlio è "fatto", è una "creatura". Il concilio risponde: il Verbo non è "fatto" o "creato"; è generato dal Padre.
Della stessa sostanza del Padre. Omoousios è un termine tecnico della filosofia. Qui, in questo preciso contesto, significa che il Padre e il Figlio hanno in comune una sola e identica divinità.
Per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Tutta la creazione è stata fatta per mezzo di questo Figlio che non era stato "fatto". "Tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui niente è stato fatto, di tutto ciò che esiste" (Gv 1,3). "Egli (il Figlio) è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili... Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui" (Col 1,15-17).
Tutto questo ha aggiunto il concilio di Nicea (a. 325) perché non fosse più possibile nessun equivoco e perché si sapesse, in conformità al vangelo, che Gesù è Dio. Il primo concilio di Costantinopoli (a. 381) inserirà nel simbolo le affermazioni riguardanti lo Spirito Santo per togliere ogni ombra di dubbio sulla divinità della terza persona della Trinità.

martedì 5 maggio 2009

21 - Le porte del mistero non si aprono col grimaldello dell’intelligenza… si spalancano all’amore

La Santissima Trinità - 1 L e porte di questo mistero non si aprono col grimaldello dell’intelligenza o con la perspicacia delle formule, ma si spalancano solo all’amore. "Se uno mi ama... il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui... e lo Spirito santo che il Padre manderà in mio nome, v’insegnerà ogni cosa" (Gv 14, 23-26). "Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenut e nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te" (Mt 11,25-26).
Arrivato a questo punto, qualcuno potrebbe esclamare: "Finalmente ho capito il mistero di Dio-Trinità!". No, assolutamente. Ci siamo solo avvicinati al mistero.
Quando si tratta di Dio (ma anche delle persone umane!) possiamo solamente supporre il loro mistero, intravederlo, intuirlo senza poterlo veramente afferrare e esprimere con nozioni chiare e formule esatte. Prendiamo la vita, la nostra, quella di un animale o di una pianta: ebbene nessuno scienziato sa dirci che cosa sia esattamente. Eppure la vita è in noi, attorno a noi, vi siamo immersi. Nonostante questo, non esiste nessuna possibilità di definirla in termini perfetti. Abbiamo una certa intuizione di che cosa sia la vita, ma il suo mistero essenziale ci sfugge. Non conosciamo neppure noi stessi.
Eppure noi continuiamo a vivere, tentando di balbettare su quanto viviamo pur sapendo che la vita e le persone non si mettono in formule. A maggior ragione quando si tratta della vita di Dio. Abbiamo a disposizione solo parole inadeguate, "ingannatrici", e tentiamo di costruirci delle immagini con specchi deformanti. La strada più adeguata è ancora e sempre quella dell’amore. "Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio; chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama, non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore" (1 Gv 4,7-8).
Dio si rivela come qualcuno e non come un complesso di forze vaghe e stemperate nella natura. Ha un nome proprio. È una persona.
Persona ( in greco: pros-opon = sguardo verso; in latino: persona = risuonare attraverso, parola verso) indica un essere che dialoga e ha dei rapporti.
Se l’Assoluto, Dio, è persona ancora prima della creazione, non può essere un singolo, altrimenti non sarebbe "sguardo verso" qualcuno, "parola verso" qualcuno, "rapporto con qualcuno". Da sempre, quindi il nostro Dio "unico" è anche "pluralità".
Dio si è rivelato come Amore (1Gv 4,8). E si può essere amore solo nei confronti di un’altra persona. Una persona che fosse sola ad esistere non potrebbe amare, oppure amerebbe se stessa e questo sarebbe puro egoismo, il contrario esatto dell’amore, l’opposto di Dio, perché Dio è amore.
Dio è essenzialmente "pluralità di persone" ed essendo personale, è fondamentalmente rapporto e dialogo.
Questo termine "dialogo" ci aiuta a comprendere cosa significa: "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio... E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1,1-14).
Il termine greco usato da Giovanni è "logos". La sua traduzione latina "verbum" sfortunatamente è stata trascritta e non tradotta in italiano. Verbo significa Parola. Dio è Logos, Parola, perché è amore, rapporto; non parla eternamente da solo, ma è dialogo. Gesù è la Parola vivente del Padre, Parola eterna, da duemila anni Parola incarnata.

lunedì 27 aprile 2009

20 - "Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza" (Gen 1,26)

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In nessuna pagina della Bibbia troveremo una formula del tipo "un solo Dio in tre persone". Ma fin dalle prime righe della Genesi risulta la presenza di un grande amore attorno a una culla. Vi troviamo il nome del Dio unico in forma plurale -Elohim- e questo Dio creatore parla a se stesso al plurale:
"Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza" (Gen 1,26) come quando più persone si consultano fra loro e arrivano a una decisione comune. Infine facendo l’uomo "a sua immagine" lo crea coppia: "maschio e femmina; li creò" (Gen 1,27) col potere di generare: li creò trinità. Una trinità (padre, madre, figlio) "immagine e somiglianza di Dio".
Nel Nuovo Testamento, l’angelo annuncia a Maria: "Lo Spirito santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio" (Lc 1,55). Sono tre: l’Altissimo, lo Spirito santo e il Figlio di Dio.
Dopo il battesimo di Gesù il cielo si aprì e scese su di lui lo Spirito santo in apparenza corporea, come di colomba, e vi fu una voce dal cielo: "Tu sei il mio Figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto" (Lc 5,21-22). La voce del Padre sul Figlio prediletto e la discesa dello Spirito.
pensiero261008_2Gesù inizia il suo primo discorso pubblico con queste parole della Scrittura: "Lo Spirito del Signore è sopra di me" (Lc 4,18). "Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi" (Lc 4,21). Lo Spirito del Signore (del Padre) sul Figlio. Ancora la Trinità. Ecc.
Venuto ad abitare in mezzo a noi (cfr. Gv 1,14), il Verbo (ossia la Parola: colui mediante il quale il Padre ci parla), Gesù, non si comporta da professore, non impartisce lezioni sulla Trinità, non fa abbozzi geometrici (ricordate il triangolo con scritto "Dio"?!), non usa termini filosofici (natura, persona, essenza, sostanza). Vive semplicemente, vive com’è. Vive da Figlio unigenito del Padre. Ad ogni pagina del vangelo, Gesù ha nella mente e nel cuore la volontà del Padre, prega il Padre (lo chiama Abbà, Papà), vive esclusivamente per il Padre.
Gesù Figlio unico di Dio parla di suo Padre come di una persona nettamente distinta da lui (cfr. Gv 17,10). Tra lui e il Padre vi è distinzione netta e tuttavia unità perfetta: "Io e il Padre siamo una cosa sola" (Gv 10,30); "Chi ha visto me, ha visto il Padre" (Gv 14,9).
Verso la fine della sua vita Gesù annuncia una terza persona divina: "il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome..." (Gv 14,26). Uno Spirito perfettamente distinto dal Padre e dal Figlio.
La rivelazione, dunque, ci presenta delle persone distinte: Padre, Figlio e Spirito Santo, ognuna è persona distinta, e nello stesso tempo ci dice la loro unità in un solo Dio.
1153324651068Dalla risurrezione del Figlio e dall’effusione dello Spirito è nata la Chiesa alla quale Gesù ha dato un ordine: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo..." (Mt 28,19).
La vita della Chiesa è completamente penetrata da questo mistero trinitario (segno di croce, orazioni, sacramenti, ecc.). Essa non si preoccupa tanto di darci spiegazioni e ragioni, quanto piuttosto di intrecciare rapporti di familiarità con le persone divine, di farci vivere con esse e in esse, di metterci in comunione col Padre, col Figlio e con lo Spirito nella preghiera e nell’amore.

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