mercoledì 15 luglio 2009

31 - "Io vi dico di non opporvi al malvagio…”

pilato
Pilato, davanti a Gesù, si richiama alla sua autorità: "Non sai che io ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?" (Gv 19,10). Ma Gesù rifiuta l’assoluto di questa autorità, ne subisce le inique conseguenze senza ribellarsi e s’incammina verso il Calvario portando la sua croce.
L’insegnamento di Cristo è inequivocabile: "Io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra; e a chi ti vuole chiamare a giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due..." (Mt 5,39-41).
Secondo Cristo il rimedio contro le forme di oppressione e contro l’arroganza dei poteri politici e religiosi non è la lotta, ma la debolezza e l’umiltà dell’amore, la debolezza e l’umiltà di Dio. Il solo rimedio è uccidere l’odio, prima di tutto nel proprio cuore.
Su questa linea è l’insegnamento della Chiesa: "Oggi gli uomini aspirano a liberarsi dal bisogno e dalla dipendenza. Ma questa liberazione s’inizia con la libertà interiore che essi devono ricuperare dinanzi ai loro beni e ai loro poteri; essi mai vi riusciranno se non tramite un amore che trascenda l’uomo e, di conseguenza, tramite una effettiva disponibilità al servizio. Altrimenti, e lo si vede fin troppo, anche le più rivoluzionarie ideologie otterranno soltanto un cambio di padroni: insediati a loro volta al potere, i nuovi padroni si circondano di privilegi, limitano le libertà e permettono che si instaurino altre forme di ingiustizia" (Paolo VI, Octogesima adveniens, 45; 14 maggio 1971).
"La Chiesa reputa certamente importante e urgente edificare strutture più umane, più giuste, più rispettose dei diritti della persona, meno oppressive  e meno coercitive, ma è cosciente che le migliori strutture, i sistemi meglio idealizzati diventano presto inumani se le inclinazioni inumane del cuore dell’uomo non sono risanate, se non c’è una conversione del cuore e della mente di coloro che vivono in queste strutture o le dominano. La Chiesa non può accettare la violenza, soprattutto la forza delle armi, né la morte di chicchessia, come cammino di liberazione, perché sa che la violenza chiama sempre la violenza e genera irresistibilmente nuove forme di oppressione e di schiavitù più pesanti di quelle dalle quali essa pretendeva liberare. Lo dicemmo chiaramente nel nostro viaggio in Colombia: "Vi esortiamo a non porre la vostra fiducia nella violenza né nella rivoluzione; tale atteggiamento è contrario allo spirito cristiano e può anche ritardare, e non favorire, l’elevazione sociale alla quale legittimamente aspirate" (Discorso ai campesinos, 23-8-1968); "Dobbiamo dire e riaffermare che la violenza non è né cristiana né evangelica e che i mutamenti bruschi o violenti delle strutture sarebbero fallaci, inefficaci in se stessi e certamente non conformi alla dignità del popolo" (Discorso per la "Giornata dello sviluppo" Bogotà 23-8-1968) (Paolo VI; Evangelii nuntiandi, 36-37; 8 dicembre 1975).
"La liberazione che proclama e prepara l’evangelizzazione è quella che Cristo ha annunziato e donato all’uomo mediante il suo sacrificio" (Paolo VI; EN. 38).ecce_homo

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