lunedì 25 maggio 2009

24 - Nostro Signore

ottavaLa signoria è un titolo d’onore, d’autorità, di potere. Il Signore con la maiuscola è Jahvè, è Dio in quanto sovrano di tutta la creazione.
Oggi si usa il titolo di "signore" per il primo venuto. Anche nel vangelo alcuni che si avvicinavano a Cristo lo chiamavano "signore" in questo senso generico: la samaritana al pozzo (Gv 4, 11.15), il paralitico di Betsaida (Gv 5,7), Maria Maddalena fuori dal sepolcro vuoto (Gv 20,15). Ma per i discepoli di Gesù, questo titolo dato al loro maestro esprime molto più della comune buona creanza. Gesù è "il Signore", a un titolo assolutamente unico.
Dopo la risurrezione, sul mare di Tiberiade, i discepoli rientrano dalla pesca a mani vuote. Dalla riva uno sconosciuto chiede loro: "Figlioli non avete nulla da mangiare?" Gli risposero: "No". Allora disse loro: "Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete". La gettarono e non potevano più tirarla su per la gran quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: "È il Signore!"... E nessuno dei discepoli osava domandargli: "Chi sei?", poiché sapevano bene che era il Signore" (Gv 21,5-12).
Dopo la Pentecoste lo Spirito santo proietta una piena luce sugli avvenimenti pasquali. Il primo discorso di Pietro alla folla il giorno di Pentecoste, conclude così: "Sappia dunque con certezza tutta la casa di Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso!" (At 2,36). Paolo scrive: "Per questo infatti Cristo è morto e ritornato in vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi" (Rm 14,9). Questo titolo esprime il culmine del mistero di Gesù Cristo Figlio di Dio.
Due o tre secoli prima di Cristo fu tradotta in greco la bibbia ebraica. Il nome di Dio, Jahvè, fu tradotto con il termine Kyrios, Signore. Da quell’epoca conseguentemente nella Bibbia Kyrios significa Jahvè, il nome di Dio. "Gesù è il Signore" significa dunque "Gesù è Jahvè", né più né meno: Jahvè come il Padre.
Gesù di Nazaret, figlio di Maria, falegname di professione, è Jahvè Signore-Dio. Siamo qui nel cuore del mistero di Gesù Cristo, al centro della fede cristiana essenziale. "Se confesserai con la bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio l’ha risuscitato dai morti, sarai salvo" (Rm 10,9).
Gesù Cristo "è il Signore di tutti" (At 10,36). "Nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore" (Fil 2,10-11).
La fede viene professata più nella vita quotidiana che con la recita domenicale del Credo. Potrebbe accadere, senza saperlo, che Gesù Cristo sia "nostro Signore" in mezzo a tanti altri signori.
Gesù non può essere uno dei nostri signori e nemmeno il primo fra gli altri: è il solo Signore. Il Credo di Nicea proclama: "Credo in un solo Signore Gesù Cristo".
Nei primi secoli della Chiesa, l’imperatore rivendicava per sé il titolo di dio. Accanto a lui brulicava una fauna di signori piccoli e grandi, buoni e cattivi. Tutto questo è cambiato solo in superficie. Abbiamo i divi dello stadio e dello spettacolo, i tiranni della burocrazia e della moda, i magnati della politica e della stampa, ecc.
Ci dedichiamo all’adorazione del denaro e di chi ne possiede, del potere e di coloro che lo detengono, del prestigio, della bellezza, ecc.
Il cristiano può verificare l’autenticità della sua fede in Gesù Cristo come unico assoluto, misurando l’allergia che sente verso ogni tipo di piccoli assoluti che pullulano nella società umana. Il cristiano rende volentieri a Cesare quello che è di Cesare (cfr. Mt 22,21) e a ciascuno l’onore che merita, ma è sovranamente libero, ascolta e segue solo Cristo (cfr. Gv 10,3-4).
La Chiesa non deve rendere culto agli dei di questo mondo né esigere essa stessa un simile riconoscimento. Il suo Signore ha rifiutato di essere re (Gv 6,15), ha condannato lo spirito di dominio che tentava di attecchire fra i suoi (cfr. Lc 22, 24-27).
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Dà loro un potere, quello di servire; una divisa per il comando e per la liturgia: il grembiule (Gv 13,4).
Da quel momento, al seguito di Cristo, ci sono solo fratelli e sorelle in servizio reciproco. Solo Gesù è Signore. Per il cristiano non esiste altra signoria che quella di Gesù. Egli è "il solo Signore". È il solo Signore della creazione (per mezzo di Lui tutte le cose sono state create) e della storia degli uomini, l’inizio e la fine (Ap 22,13), il primo e l’ultimo (Ap 1,17), l’alfa e l’omega (Ap 1,8), ossia il tutto.

lunedì 18 maggio 2009

23 - "Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia" (1Cor 13,12)

20400AF S. Paolo parla della conoscenza di Dio nell’"oggi" di questa vita in contrapposizione a quella che si avrà nell’"allora" della visione del cielo. "Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia" (1Cor 13,12).
In attesa della visione "a faccia a faccia", accontentiamoci di guardare nello specchio,
Gli specchi in cui possiamo vedere la santissima Trinità "in maniera confusa" sono diversi. Il triangolo, coi suoi tre angoli comprendenti ciascuno una superficie unica e comune soddisferà l’arida intelligenza del matematico. Il filosofo preferirà entrare in se stesso e analizzarsi seguendo un ragionamento che potrebbe essere formulato così: "Io penso... E penso un pensiero che viene da me, senza essere me stesso, un pensiero che esprimo in una "parola", in un logos che procede da me, come figlio della mia intelligenza... Sperimento in me una terza forza: amo, e il mio amore scaturisce da me come un "alito" di tenerezza che diffonde veramente attorno a me la vita...". Un solo essere, tre potenze realmente distinte: un’analogia che sottolinea adeguatamente l’unità della natura in Dio, ma a scapito della trinità delle persone perché questo io del filosofo è una persona sola.
Guardiamo piuttosto lo specchio dell’amore, dato che s. Giovanni, in un passo ispirato delle Scritture, ci dà di Dio questa definizione: "Dio è amore" (1 Gv 4, 8.16). Questo specchio, meno intellettuale dei precedenti è più eloquente, riflette meglio l’esperienza umana e ha un forte appoggio nel libro della Genesi. Dio disse: "Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza..." Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi..." Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona (Gen 1, 26-31). Dio ci ha insegnato che è una famiglia, Padre, Figlio è Spirito. La famiglia umana, quindi, ci mette sulla strada buona: essa e "l’uomo a immagine e somiglianza di Dio", è lo specchio vivente più terso di Dio-Trinità.
Certamente, immagine imperfetta! Ma è pur vero che nel profondo della nostra esperienza familiare troviamo una pallida, ma sconvolgente idea, come un invito e una nostalgia di ciò che Dio vive nel cuore della Trinità.
"Molti cristiani di oggi, senza saperlo, coltivano un certo platonismo. Essi bruciano il loro granello d’incenso al mito del Dio greco, individuo perfetto, immobile e splendente, mentre il mistero rivelato da Gesù è quello di una famiglia di tre persone talmente unite dall’amore da essere UN Dio" (F. Varillon).
Troppi battezzati, nella loro fede e nella loro preghiera, pensano d’aver solo rapporti col Dio unico che pregano alla maniera degli ebrei o dei musulmani, ignorando praticamente le tre Persone. La rivelazione e la liturgia ci invitano a incontrare personalmente il Padre, il Figlio e lo Spirito santo.
"Il mistero della Trinità è il mistero della famiglia (o comunità) divina. Un Dio unipersonale (che fosse una persona sola) non sarebbe un Dio vivente. La Trinità non è una "variazione" sul basso continuo della divinità, qualunque cosa ne dica il filosofo. Non è, per il cristiano, una "sovrastruttura". Per questo dobbiamo guardarci dall’insegnare prima di tutto Dio e successivamente la Trinità. Ma prima la Trinità, Dio, in tre persone. Il buon Dio è il Dio amore, il Dio Trinità" (F. Varillon).

lunedì 11 maggio 2009

22 - Il simbolo di Nicea, che recitiamo durante la S. Messa

cenacolo
All’inizio del IV secolo, verso l’anno 320, viveva ad Alessandria d’Egitto un prete austero, pio e colto di nome Ario. A grandi linee il suo insegnamento era questo: "Dio è uno, eterno non generato. Gli altri esseri sono creature, il Logos per primo. Come tutte le altre creature, il Logos è stato tratto dal nulla e non dalla sostanza divina; ci fu un tempo in cui non esisteva. È stato creato mediante un atto libero di Dio. Creatura di Dio, il Logos è a sua volta, creatore degli altri esseri; questo rapporto giustifica il titolo di Dio che gli è dato impropriamente. Dio lo ha adottato come figlio ma da questa filiazione adottiva non discende alcuna partecipazione reale alla divinità, alcuna somiglianza con Dio. Dio non può avere uno che gli assomigli. Lo Spirito Santo è la prima creatura del Logos e quindi ancora meno Dio del Logos stesso...".
Era la totale distruzione di Cristo e del cristianesimo!
L’imperatore Costantino convocò il primo concilio "ecumenico" (300 vescovi quasi tutti orientali) a Nicea in Bitinia. Era l’anno 325.
I vescovi condannarono la dottrina di Ario e si permisero di aggiungere qualcosa al simbolo degli apostoli. Abbiamo così il simbolo di Nicea completato successivamente a Costantinopoli (a. 381), il simbolo che recitiamo durante la messa.
Cerchiamo di comprenderlo.
Unigenito Figlio di Dio. Gesù Cristo è il solo generato, figlio per generazione e non per adozione. Questo termine "unigenito" è nel vangelo di Giovanni: "Noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre" (Gv 1,14). "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Gv 3,16).
Nato dal Padre. L’espressione "nato da" non si trova nella Scrittura, ma vi si trova una espressione ancora più forte: "Figlio unigenito che è nel seno del Padre" (Gv 1,18).
Prima di tutti i secoli. Per noi generazione e nascita richiamano necessariamente l’idea dell’inizio, la preesistenza del padre e della madre rispetto al figlio ecc. perché ogni generazione umana avviene nel tempo. Non così per la nascita del Figlio di Dio. È una nascita prima dell’inizio, una nascita eterna. Il Padre e il Figlio sono coeterni (come di due persone nate nello stesso anno si dice coetanei).
Dio da Dio. Il Padre è Dio. Quindi il Figlio è Dio. La divinità del Figlio è la stessa del Padre. "Tutto quello che il Padre possiede è mio" (Gv 16,15).
Luce da luce. "Dio è luce" (1 Gv 1,5), è "il Padre della luce" (Gc 1,17). Gesù dice di se stesso: "Io sono la luce" (Gv 8,12). Non "una" luce, ma "la" luce.
Dio vero da Dio vero. Non Dio nominalmente o per adozione o per partecipazione, ma Dio vero, senza lasciare scappatoie o possibilità di equivoci.
Generato non creato. Ario diceva: Dio Padre è "ingenerato", ma il Figlio è "fatto", è una "creatura". Il concilio risponde: il Verbo non è "fatto" o "creato"; è generato dal Padre.
Della stessa sostanza del Padre. Omoousios è un termine tecnico della filosofia. Qui, in questo preciso contesto, significa che il Padre e il Figlio hanno in comune una sola e identica divinità.
Per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Tutta la creazione è stata fatta per mezzo di questo Figlio che non era stato "fatto". "Tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui niente è stato fatto, di tutto ciò che esiste" (Gv 1,3). "Egli (il Figlio) è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili... Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui" (Col 1,15-17).
Tutto questo ha aggiunto il concilio di Nicea (a. 325) perché non fosse più possibile nessun equivoco e perché si sapesse, in conformità al vangelo, che Gesù è Dio. Il primo concilio di Costantinopoli (a. 381) inserirà nel simbolo le affermazioni riguardanti lo Spirito Santo per togliere ogni ombra di dubbio sulla divinità della terza persona della Trinità.

martedì 5 maggio 2009

21 - Le porte del mistero non si aprono col grimaldello dell’intelligenza… si spalancano all’amore

La Santissima Trinità - 1 L e porte di questo mistero non si aprono col grimaldello dell’intelligenza o con la perspicacia delle formule, ma si spalancano solo all’amore. "Se uno mi ama... il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui... e lo Spirito santo che il Padre manderà in mio nome, v’insegnerà ogni cosa" (Gv 14, 23-26). "Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenut e nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te" (Mt 11,25-26).
Arrivato a questo punto, qualcuno potrebbe esclamare: "Finalmente ho capito il mistero di Dio-Trinità!". No, assolutamente. Ci siamo solo avvicinati al mistero.
Quando si tratta di Dio (ma anche delle persone umane!) possiamo solamente supporre il loro mistero, intravederlo, intuirlo senza poterlo veramente afferrare e esprimere con nozioni chiare e formule esatte. Prendiamo la vita, la nostra, quella di un animale o di una pianta: ebbene nessuno scienziato sa dirci che cosa sia esattamente. Eppure la vita è in noi, attorno a noi, vi siamo immersi. Nonostante questo, non esiste nessuna possibilità di definirla in termini perfetti. Abbiamo una certa intuizione di che cosa sia la vita, ma il suo mistero essenziale ci sfugge. Non conosciamo neppure noi stessi.
Eppure noi continuiamo a vivere, tentando di balbettare su quanto viviamo pur sapendo che la vita e le persone non si mettono in formule. A maggior ragione quando si tratta della vita di Dio. Abbiamo a disposizione solo parole inadeguate, "ingannatrici", e tentiamo di costruirci delle immagini con specchi deformanti. La strada più adeguata è ancora e sempre quella dell’amore. "Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio; chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama, non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore" (1 Gv 4,7-8).
Dio si rivela come qualcuno e non come un complesso di forze vaghe e stemperate nella natura. Ha un nome proprio. È una persona.
Persona ( in greco: pros-opon = sguardo verso; in latino: persona = risuonare attraverso, parola verso) indica un essere che dialoga e ha dei rapporti.
Se l’Assoluto, Dio, è persona ancora prima della creazione, non può essere un singolo, altrimenti non sarebbe "sguardo verso" qualcuno, "parola verso" qualcuno, "rapporto con qualcuno". Da sempre, quindi il nostro Dio "unico" è anche "pluralità".
Dio si è rivelato come Amore (1Gv 4,8). E si può essere amore solo nei confronti di un’altra persona. Una persona che fosse sola ad esistere non potrebbe amare, oppure amerebbe se stessa e questo sarebbe puro egoismo, il contrario esatto dell’amore, l’opposto di Dio, perché Dio è amore.
Dio è essenzialmente "pluralità di persone" ed essendo personale, è fondamentalmente rapporto e dialogo.
Questo termine "dialogo" ci aiuta a comprendere cosa significa: "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio... E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1,1-14).
Il termine greco usato da Giovanni è "logos". La sua traduzione latina "verbum" sfortunatamente è stata trascritta e non tradotta in italiano. Verbo significa Parola. Dio è Logos, Parola, perché è amore, rapporto; non parla eternamente da solo, ma è dialogo. Gesù è la Parola vivente del Padre, Parola eterna, da duemila anni Parola incarnata.

Il Santo Natale - Commento di padre Fernando Armellini

Diffondi la Parola - Natale del Signore - 25 dicembre 2011

I Dehoniani

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