martedì 23 giugno 2009

28 - Patì sotto Ponzio Pilato

Gesù nell'orto degli uliviDopo la concezione di Gesù e la sua nascita, il Credo passa direttamente alla sua morte, saltando a piè pari la sua vita. I nomi di Maria e di Pilato sono citati uno dopo l’altro in una prossimità che colpisce. Maria e Pilato, una dissonanza ardita. Mediante loro due il Figlio di Dio si è veramente incorporato alla nostra umanità: alla nostra razza umana mediante la sua madre umana, Maria; alla nostra storia umana, civile e politica, mediante Ponzio Pilato.
Maria... Pilato: l’amore che fa vivere Gesù, l’egoismo che lo fa morire; la madre di Dio, l’assassino di Dio; l’umanità, la migliore e la peggiore: noi tutti.
Patì. Cristo non ha cercato la croce, non ha torturato sé  stesso. Anzi di fronte alla passione ha sudato sangue, ha gridato la sua paura, ha supplicato di essere liberato dalla morte (cfr. Mt 26,36-42; Lc 22,39-44). "Nei giorni della sua vita terrena egli (Cristo) offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà; pur essendo Figlio, imparò tuttavia l’obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono" (Eb 5,7-9)
croce1Patì. È forse questa la risposta di Dio al mistero della sofferenza degli uomini? Ogni uomo cozza duramente contro la sofferenza, non se ne sa dare una ragione e non ne vede l’utilità per nessuno: né per sé, né per gli altri, né tanto meno per Dio. Allora perché? Per chi?
  Trecento anni prima di Cristo, Epicuro faceva questo ragionamento: "O Dio vuol sopprimere il male e non può, e allora è impotente... Oppure non vuole e non può, e allora è un niente... Oppure può sopprimere il male e non vuole, e allora è maligno... O, infine, può e vuole, e allora dov’è questo Dio e da dove viene il male?...".
I filosofi cristiani, pagani e atei hanno tentato delle spiegazioni: è il loro mestiere. Cristo, il giusto, non tenta nessuna giustificazione della sofferenza e della morte. Le combatte per distruggerle definitivamente. La ribellione degli uomini è anche la sua. Guarisce i malati, risuscita i morti, lotta per gli umiliati, perdona ai peccatori... A tutti insegna: "Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica... Siate misericordiosi... Non giudicate... Non condannate... Perdonate" (Lc 6,27-37). E di tutto quanto ha insegnato ne dà l’esempio levando alto il suo grido di vendetta contro i suoi carnefici: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno" (Lc 23,34).
Anche i discepoli di Cristo cercarono spiegazioni davanti al cieco nato. Gesù non dà spiegazioni: lo guarisce (cfr. Gv 9,1-7).
Di fronte a ogni sofferenza si possono prendere vari atteggiamenti, reagire in svariate maniere, ma tutto può ridursi a due comportamenti fondamentali: fare o filosofare. Cristo ha scelto il primo e lo ha comandato anche a noi. Sui fatti verterà il suo giudizio nei confronti del mondo e di noi stessi alla fine dei tempi: sulla nostra preoccupazione effettiva di porre fine alle sofferenze degli affamati, degli assetati, di chi non ha vestiti, degli stranieri, degli ammalati, dei prigionieri (cfr. Mt 25,31-46).cr-depo-carracci-x
Per i filosofi il male è un problema; per Cristo e per i cristiani è un nemico, uno scandalo, una provocazione; ed esige una protesta, una mobilitazione, una rivolta. Non si spiega il male, lo si combatte!

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