mercoledì 25 febbraio 2009

13 - In principio Dio creò

239599s5nkyuq35v Essere padre significa essere creatore. Le prime pagine della Bibbia tracciano una scena grandiosa dell’origine del mondo e dell’uomo, ma sollevano parecchie difficoltà. Ne ricordiamo una per tutte: come conciliare l’insegnamento della Genesi con le teorie e le scoperte della scienza?
Scienza e fede sono chiamate a vivere da buone vicine, purché ciascuna rimanga a casa sua. La scienza, infatti, cerca il "come" delle cose e del mondo, mentre la fede ci dice il "perché" della vita, dell’uomo, della creazione. Scienza e fede sono sorelle, figlie di Dio e fatte per amarsi e aiutarsi, a condizione di rimanere ciascuna nel proprio campo. "La ricerca metodica d’ogni disciplina, se procede in maniera veramente scientifica e secondo le norme morali, non sarà mai in reale contrasto con la fede, perché le realtà profane e le realtà della fede hanno origine dal medesimo Dio" (Concilio Vaticano II, Gs 36). Leggiamo dunque questi capitoli della Genesi con scienza e fede.
Quelle della Genesi sono pagine di altissima poesia, racconti di una rara vivacità e intelligenza, risposte rivelate e infallibili per la fede. Tutto quanto è contenuto nei primi undici capitoli della Genesi è un affresco eccezionale, una grandiosa teologia in immagini, ma non è una storia delle origini.
Il primo capitolo della Genesi è stato scritto verso il 450 a.C. Questa datazione può sconcertare se pensiamo che l’origine dell’uomo risale a più di otto milioni di anni fa, mentre quella del nostro pianeta si colloca probabilmente attorno a dieci miliardi di anni fa. Siamo davanti a una riflessione, guidata dallo Spirito Santo, sull’uomo e sul mondo, fatta all’epoca dell’autore ispirato, ossia verso il 450 prima di Cristo.
Questa riflessione mette in luce delle verità essenziali e si serve di leggende del tempo per esprimersi in maniera immaginifica e comprensibile agli uomini dell’epoca.
Possiamo cogliere chiaramente quanto l’autore sa e ciò che non sa. Innanzitutto l’autore sa che il mondo non è Dio: rifiuto di ogni panteismo (dottrina di quanti pretendono che Dio si confonda con l’universo); conseguentemente sa che Dio non è il mondo: rifiuto di ogni politeismo (che divinizza le forze della natura). Osserviamo che le sole tre religioni che affermano la creazione del mondo da parte di Dio - il giudaismo, il cristianesimo e l’islamismo (tutte e tre beneficianti delle confidenze divine della Bibbia) - sono anche le sole che hanno evitato di confondere Dio col mondo.
L’autore ispirato sa anche che questo mondo, nella sua stessa esistenza, dipende dalla libera volontà di una Persona che lo supera. È questo il significato che egli dà al termine "creato".
Sa che il mondo non è stato creato in seguito a una lotta fra Dio e le potenze malvagie. La creazione è completamente opera di Dio per l’uomo. L’alleanza prima e originale è questa: la creazione è tutta di Dio e tutta per l’uomo.
Lo scrittore sacro sa che gli astri non sono dèi. Essi assolvono una funzione nell’equilibrio del mondo e a servizio dell’uomo; sono come orologi per segnare il tempo, fonti di luce per l’uomo.
Sa che l’acqua, il cielo, la terra non sono divinità ma elementi di bellezza o oggetti di un lavoro umano. In questo modo il "sacro" che tendenzialmente mettiamo dappertutto, viene estromesso da ogni cosa; rimangono di fronte solo due interlocutori: l’uomo per il quale tutto è stato fatto, e Dio, che tutto ha fatto. In questo universo creato, il "sacro" non potrà più essere cercato al di fuori dell’uomo.
Il nostro redattore, infatti, sa che tutta la creazione mantiene un rapporto ininterrotto di dipendenza con Dio ma tale rapporto è privilegiato per l’uomo, il solo fatto a immagine e somiglianza di Dio. Sa che l’uomo e l’universo dipendono da Dio pur rimanendo liberi di fronte a Dio, perché Dio è amore.

martedì 17 febbraio 2009

12 - Il Figlio di Dio, un mendicante assetato d'amore.

Gesu che bussa alla porta del cuore Il Figlio di Dio è disceso tra noi come un mendicante assetato (Gv 4,7; 19,28). E alla fine dei tempi ci chiederà se lo avremo riconosciuto e amato povero nei poveri (Mt 25,31-46) e da questo dipenderà la nostra salvezza o la nostra condanna.
La povertà materiale di Betlemme, di Nazaret, del Calvario è solo il segno di una povertà molto più profonda. Povertà immensa di Dio, infinita, assoluta, senza la quale non possiamo affermare che Dio è amore. Come siamo lontani da certe immagini di Dio che noi ci siamo fatto per ignoranza e superficialità, e che gli atei giustamente rifiutano! Il credente serio è colui che afferma la povertà assoluta di Dio perché Dio è amore.
Il Padre onnipotente è dunque un mendicante di amore; la sua "onnipotenza" d’amare lo rende "completamente" mendicante e "completamente" povero: egli è la povertà in tutta la sua potenza.
Se fosse un "Dio onnipotente", piegherebbe l’uomo al suo volere, usando, se necessario, la forza. Questo Dio onnipotente non esiste. L’amore di Dio Padre è abbastanza potente da rispettare la libertà dei suoi figli infinitamente più di quanto potremmo aspettarci dal migliore dei padri terreni (cf. Lc 15,11-32).
Un vero padre dà fiducia, a proprio rischio e pericolo. Gioca tutto su suo figlio: beni, nome, reputazione, lavoro... Che farà il figlio di tutto questo? Può sperperare, sciupare, infangare tutto. È il prezzo della libertà. Non si può costruire un uomo a minor prezzo. Si dice e si ripete: "Se Dio è buono perché tutto questo male nel mondo? Perché non ferma la mano del malvagio?". La ragione è questa: Dio è un "Padre onnipotente". Per questo può e deve lasciar partire il figlio prodigo per rispettare le scelte libere (Lc 15). Può pazientare di fronte alla zizzania che ha invaso il suo campo (Mt 13).
Solo per amore ha suscitato davanti a sé degli esseri completamente liberi. Sartre fa dire a un suo personaggio: "Se l’uomo è libero, Dio non esiste". Infatti, il Dio onnipotente non esiste, perché l’uomo è libero. Ma l’uomo è libero proprio perché il Padre esiste ed è "onnipotente" nel suo amore.
Lui solo pagherà i danni, prenderà su di sé le malefatte dei suoi figli turbolenti e risanerà, di tasca sua, i loro bilanci fallimentari (Lc 10,30-37; Mt 18,23-35).
Al figlio vagabondo, che torna al limite dello sfascio, riserva onori e celebrazioni degne di un eroe ed è "fuori di sé dalla gioia" quando ritrova l’uomo che s’era perduto (Lc 15).
Il nostro Dio è il più dipendente di tutti gli esseri. Contrariamente a quanto sembra, amore e volontà d’indipendenza sono incompatibili. Quindi chi ama di più è più dipendente. L’infinitamente amante, Dio, è infinitamente dipendente. Non dipendente nell’essere, ma nell’amore. Un bambino dipende dalla mamma nel suo esistere, ma sul piano dell’amore è la mamma che dipende dal suo bambino: quando lui sta bene è tutta la sua gioia; quando sta male o muore è tutto il suo dolore.
Dio è il più dipendente di tutti gli esseri: dipendenza nell’amore, non nell’essere.
Il vero Dio è infinitamente ricco, ma ricco d’amore, infinitamente libero, ma libero d’amare.

mercoledì 11 febbraio 2009

11 - Dio è Amore onnipotente, sapiente, santo, giusto ....

Sacro cuore di Gesù
Dio è  Amore: è questa la sua definizione, la sua natura. Volendolo definire diversa-mente, ci troveremo di fronte un dio falso, un dio che non esiste. "Quando usciamo dalla sfera propria dell’amore e, lavorando di fantasia, intro-duciamo in Dio elementi estranei all’amore, quando pensiamo che l’amore è qualcosa in Dio o un aspetto di Dio e non Dio stesso, allora ci costruiamo un idolo" (F. Varillon).
Certo, Dio è potente, sapiente, santo, giusto e tutto quello che si può dire di buono e di bello. Ma, "potente, sapiente, santo, ecc." sono aggettivi e non devono diventare sostantivi. Dio è amore. Il nostro Dio-Amore è potente, sapiente, santo, giusto... all’infinito. È amore e nient’altro! È puro amore.
L’amore non è un attributo di Dio: è la sua sostanza, e tutti gli attributi di Dio sono gli attributi dell’amore.
Rifiutiamo coraggiosamente il Dio onnipotente per accogliere il Padre onnipotente, l’Amore onnipotente!
L’amore del mio Dio è antecedente, gratuito, senza ragione, incondizionato. Non ha altro motivo che il desiderio di Dio d’amarmi, come è di ogni amore paterno o materno.
I genitori, degni di questo nome, sognano il loro figlio prima ancora di averne visto il volto. Non lo conoscono ancora, non sanno nemmeno se sarà maschio o femmina; sanno solo che sarà "il loro bambino". Amore meraviglioso che non aspetta di conoscere l’altro per amarlo, che si offre all’altro qualunque esso sia: maschio, femmina, sano, malato; amore che non verrà meno per tutta la vita e per nessuna ragione. È di questo tipo, e infinitamente migliore, l’amore del Padre che è nei cieli: non presuppone nulla da parte mia. Per darsi non aspetta che io lo ami; per amarmi, non aspetta che io sia amabile. Il suo amore non è per nulla una risposta: è antecedente, primo, sovranamente indipendente, incondizionato.
Anche l’amore dei fidanzati e degli sposi non è gratuito né incondizionato, perché è reciprocità. La gratuità totale ed eterna dell’amore è l’onnipotenza del solo amore paterno di Dio.
"Dio è povertà assoluta: in lui non c’è traccia di avere, di possesso. Eternamente il Padre dice al Figlio: tu sei tutto per me. Il Figlio risponde al Padre: tu sei tutto per me. È Dio il più povero di tutti gli esseri. O, se preferite, dite pure che Dio è il più ricco, ma ricco in amore, non in avere. Ora, essere ricco in amore ed essere povero è esattamente la stessa cosa perché l’amore è dono, non possesso. Colui che ama di più è anche il più povero. L’infinitamente amante, Dio, è infinitamente povero. Dio è un infinito di povertà e di umiltà" (F. Varillon).

mercoledì 4 febbraio 2009

10 - La povertà di DIO

J991997 Il Figlio di Dio è disceso tra noi come un mendicante assetato (Gv 4,7; 19,28). E alla fine dei tempi ci chiederà se lo avremo riconosciuto e amato povero nei poveri (Mt 25,31-46) e da questo dipenderà la nostra salvezza o la nostra condanna.
La povertà materiale di Betlemme, di Nazaret, del Calvario è solo il segno di una povertà molto più profonda. Povertà immensa di Dio, infinita, assoluta, senza la quale non possiamo affermare che Dio è amore. Come siamo lontani da certe immagini di Dio che noi ci siamo fatto per ignoranza e superficialità, e che gli atei giustamente rifiutano! Il credente serio è colui che afferma la povertà assoluta di Dio perché Dio è amore.
Il Padre onnipotente è dunque un mendicante di amore; la sua "onnipotenza" d’amare lo rende "completamente" mendicante e "completamente" povero: egli è la povertà in tutta la sua potenza.
Se fosse un "Dio onnipotente", piegherebbe l’uomo al suo volere, usando, se necessario, la forza. Questo Dio onnipotente non esiste. L’amore di Dio Padre è abbastanza potente da rispettare la libertà dei suoi figli infinitamente più di quanto potremmo aspettarci dal migliore dei padri terreni (cf. Lc 15,11-32).
Un vero padre dà fiducia, a proprio rischio e pericolo. Gioca tutto su suo figlio: beni, nome, reputazione, lavoro... Che farà il figlio di tutto questo? Può sperperare, sciupare, infangare tutto. È il prezzo della libertà. Non si può costruire un uomo a minor prezzo. Si dice e si ripete: "Se Dio è buono perché tutto questo male nel mondo? Perché non ferma la mano del malvagio?". La ragione è questa: Dio è un "Padre onnipotente". Per questo può e deve lasciar partire il figlio prodigo per rispettare le scelte libere (Lc 15). Può pazientare di fronte alla zizzania che ha invaso il suo campo (Mt 13).
Solo per amore ha suscitato davanti a sé degli esseri completamente liberi. Sartre fa dire a un suo personaggio: "Se l’uomo è libero, Dio non esiste". Infatti, il Dio onnipotente non esiste, perché l’uomo è libero. Ma l’uomo è libero proprio perché il Padre esiste ed è "onnipotente" nel suo amore.
Lui solo pagherà i danni, prenderà su di sé le malefatte dei suoi figli turbolenti e risanerà, di tasca sua, i loro bilanci fallimentari (Lc 10,30-37; Mt 18,23-35).
Al figlio vagabondo, che torna al limite dello sfascio, riserva onori e celebrazioni degne di un eroe ed è "fuori di sé dalla gioia" quando ritrova l’uomo che s’era perduto (Lc 15).
Il nostro Dio è il più dipendente di tutti gli esseri. Contrariamente a quanto sembra, amore e volontà d’indipendenza sono incompatibili. Quindi chi ama di più è più dipendente. L’infinitamente amante, Dio, è infinitamente dipendente. Non dipendente nell’essere, ma nell’amore. Un bambino dipende dalla mamma nel suo esistere, ma sul piano dell’amore è la mamma che dipende dal suo bambino: quando lui sta bene è tutta la sua gioia; quando sta male o muore è tutto il suo dolore.
Dio è il più dipendente di tutti gli esseri: dipendenza nell’amore, non nell’essere.
Il vero Dio è infinitamente ricco, ma ricco d’amore, infinitamente libero, ma libero d’amare.

Il Santo Natale - Commento di padre Fernando Armellini

Diffondi la Parola - Natale del Signore - 25 dicembre 2011

I Dehoniani

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