giovedì 27 novembre 2008

3 - "Dio nessuno l’ha mai visto" (Gv 1,18)


Di fatto, la ragione umana non è arrivata a costruire una rigorosa dimostrazione dell’esistenza di Dio. Non possiamo parlare di "prove", ma solamente di "vie" verso Dio, di accostamenti a Dio attraverso la ragione. Dio è discreto e non vuole imporsi. L’esistenza di Dio non è scientificamente evidente e documentabile come il giorno e la notte. No, l’esistenza di Dio non è evidente. E ancor meno la sua natura. "Dio nessuno l’ha mai visto" (Gv 1,18).
Dio abita in una luce inaccessibile; nessuno fra gli uomini l’ha mai visto né può vederlo (1Tm 6,16).
Il regista Clouzot diceva "Ciò che mi aiutò a credere fu l’assenza di prove dell’esistenza di Dio. Dio nascosto. Per me, questa assenza di prove è la prima prova. Infatti, se Dio rispetta l’uomo, deve voler da parte nostra un’adesione libera; non ci deve porre nella necessità di credere in lui". Dio o è invisibile o non esiste. Invisibile come il mio spirito, il mio amore, il mio principio vitale, ma infinitamente più grande, di quella grandezza che non entra nelle dimensioni misurabili. Sì, Dio è un Dio nascosto perché è Dio!
Ma questo Dio invisibile non potrebbe essere una bella illusione?
S. Giovanni, dopo la frase: "Dio nessuno l’ha mai visto" soggiunge: "proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato" (Gv 1,18).
È vero, non abbiamo mai visto Dio. Ma se crediamo, è perché Dio ha parlato, ha interpellato l’uomo per dirgli la propria esistenza, per rivelargli il proprio nome, per svelargli il suo amore, i suoi progetti. Dio fa irruzione nel mondo degli uomini per amore. Parla ad Abramo, a Mosè, a tutto il popolo d’Israele. E infine parla nell’umanità visibile, tangibile di Gesù di Nazaret: Dio fatto uomo, annunciato nelle Scritture, incarnato nella storia, duemila anni fa, in Palestina, morto sotto Ponzio Pilato, risorto e glorificato, sempre presente nella Chiesa e sempre operante nel mondo. Ecco la fonte del cristianesimo.
Ma non ci sono solo i cristiani a credere in Dio. Sotto una forma o l’altra tutto il mondo conosciuto ha affermato l’esistenza di Dio. Oggi egli continua ad animare un dibattito sempre acceso tra chi lo afferma e chi lo nega: è sempre uno dei temi più ricorrenti e insistenti. Rari sono coloro che rifiutano una credenza senza rifugiarsi in un’altra. Non ci si scarica troppo facilmente di Dio, tanto numerose sono le ragioni per credere che c’è un Dio.

giovedì 20 novembre 2008

2 - Io credo in DIO


Tutti sono credenti, tutti un po’ increduli. La frase famosa "credo solo quello che vedo" è falsa e contraddittoria. Quando si vede non c’è più bisogno di credere, si constata. Ma non si può vedere tutto e constatare tutto. Ecco allora la necessità della fede: si crede perché lo dice uno che ha visto, sentito, constatato. E non è possibile vivere diversamente. Si crede alla moglie, al giornale; si crede in Dio, nel Vangelo...
Certo, ognuno dice la sua. "Dio esiste, io l’ho incontrato" dice il credente. "Dio non esiste, non l’ho mai incontrato" dice l’altro. Ora i cristiani affermano che Dio si è manifestato, che continuamente si rivela, parla, risponde alla domanda che arde nel cuore dell’uomo. È la rivelazione: parola di Dio all’uomo per farsi conoscere dall’uomo.
Dio si rivela nella creazione. Tutto l’universo delle cose visibili è segno e manifestazione di intelligenza, di bontà, di amore. Per molti tutto questo dà origine a una fede rudimentale: la fede di chi crede a Dio, ossia crede che Dio esiste e che deve essere adorato.
Dio, innamorato dell’uomo sua creatura, ci parla soprattutto attraverso la sua presenza nella storia umana. La rivelazione giudeo-cristiana completa lo svelarsi di Dio al mondo: Dio è Qualcuno. La storia lo tocca con mano nel corpo stesso di Gesù Cristo nel quale abita tutta la pienezza della divinità (Col 2,9). Di conseguenza non si tratta più di credere a Dio, alla sua esistenza, ma di credere in Dio che parla e si rivela. Per credere a qualcuno basta vederlo o sentirne parlare. Per credere in qualcuno è necessario che egli ci ami e che noi lo contraccambiamo almeno un poco.
Chi vuole conoscere le tappe di questa presenza di Dio nella nostra storia umana apra la Bibbia che è il libro di famiglia in cui Dio e l’uomo raccontano la storia travagliata del loro amore. Dio, come ognuno che ama veramente, agisce più che parlare, fa quello che dice e dicendo spiega ciò che fa. Tutto il suo agire è amore e tenerezza. Basta che il cuore dell’uomo si apra a questa tenerezza divina, ed è subito la fede.
La fede in Dio non è un fatto che si impone universalmente e obbligatoriamente. Di fatto esistono credenti e non credenti e i loro rapporti non sempre sono improntati a rispetto e ad amore vicendevole. Molti credenti pensano che ogni persona onesta può conoscere Dio senza esitazione e difficoltà e concludono dicendo che gli atei sono o degli stupidi o dei disonesti. A favore della loro affermazione citano la parola di Dio e il magistero della Chiesa. "In realtà l’ira si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell’ingiustizia, poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato. Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità; essi sono dunque inescusabili, perché, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa" (Rm 1,18-21). "Il sacro concilio professa che Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza con il lume naturale della umana ragione dalle cose create" (Concilio Vaticano II, DV 6).
Ma bisogna fare i conti con la mediocrità dei credenti e dei cristiani in particolare: i credenti e le loro Chiese presentano spesso un volto di Dio deformato e inaccettabile. Lo dice il magistero della Chiesa: "Senza dubbio, coloro che volontariamente cercano di tenere lontano Dio dal proprio cuore e di evitare i problemi religiosi, non seguendo l’imperativo della loro coscienza, non sono esenti da colpa; tuttavia in questo campo, anche i credenti spesso hanno una certa responsabilità. Infatti l’ateismo deriva da cause diverse e tra queste va annoverata anche una reazione critica contro le religioni e, in alcune regioni, proprio anzitutto contro la religione cristiana. Per questo nella genesi dell’ateismo possono contribuire non poco i credenti, in quanto per aver trascurato di educare la propria fede, e per una presentazione fallace della dottrina, o anche per i difetti della propria vita religiosa, morale e sociale, si deve dire piuttosto che nascondono e non che manifestano il genuino volto di Dio e della religione" (Concilio Vaticano II, Gs 19).
Bisogna concludere che la fede nell’esistenza di Dio è possibile. Di fatto molti ci sono arrivati. Altri purtroppo no, per motivi che forse solo loro conoscono. Non tocca a noi giudicare. "Dio giudicherà i segreti degli uomini" (Rm 2,16). "Tutti infatti ci presenteremo al tribunale di Dio... Ognuno renderà conto a Dio di se stesso. Cessate dunque dal giudicarvi gli uni gli altri; pensate invece a non essere causa d’inciampo o di scandalo al fratello" (Rm 14,10-13).
Forse noi abbiamo sulla coscienza qualche ateo perché non siamo stati credenti credibili.

giovedì 13 novembre 2008

1 - Introduzione al Credo o simbolo degli apostoli


- Che cosa credono, esattamente, i cristiani?
- Qual è il contenuto fondamentale della loro fede?
- La fede è solo un fascio di credenze o l’adesione personale e vitale a Dio?
- Qual è la buona notizia (Vangelo) che dobbiamo vivere e predicare agli uomini d’oggi?
- Possiamo continuare a parlare del Dio vivo usando un linguaggio morto che l’uomo del XXI secolo non comprende più?


È necessario che esprimiamo nuovamente la fede di sempre con le immagini, le idee e il linguaggio familiari alla gente del nostro tempo, con le parole di tutti i giorni: questo significa predicare il Vangelo ad ogni creatura (Mc 16,15) perché tutti sentano annunciare nella propria lingua le grandi opere di Dio (At 2,11).
Occorre concentrare il contenuto della fede, annunciare il nocciolo centrale del cristianesimo: Dio, Gesù Cristo, lo Spirito santo.
Dio, Gesù Cristo, lo Spirito santo sono persone. La fede quindi non è un elenco di affermazioni, di dogmi; è l’incontro con Qualcuno, il legame personale e vitale con Qualcuno, l’introduzione in un mistero.
Il mistero non è una porta chiusa contro la quale sbattiamo la testa, ma è l’apertura su una realtà talmente grande che non riusciamo a comprendere e a godere pienamente, una realtà inesauribile. L’uomo è immerso nell’infinito oceano del mistero di Dio: "In lui, infatti, viviamo, ci muoviamo ed esistiamo" (At 17,28).
Dio è Qualcuno: questa è la migliore traduzione dell’"Io credo in Dio".
Dio ha voluto farci sapere che egli è Qualcuno che vive, che agisce, che ama. Sappiamo che questo Dio è con noi sempre (Mt 28,20) e che noi saremo sempre con lui (Gv 14,2-3; 1Ts 4,17).
Su questo Qualcuno possiamo impostare uno studio scientifico: ne risulterà un dossier esatto e completo. Ma di questo Qualcuno possiamo fare anche l’incontro personale, un incontro d’amore fino alle estreme conseguenze.
Trattandosi di Dio, nel primo caso si fa dell’istruzione religiosa e della teologia; nel secondo, scopriamo un amore, un amore attuale, per l’oggi, per la vita, per la morte, per l’eternità.
Non serve fare studi su Dio, fare bilanci sui contenuti della fede se prima non abbiamo incontrato nella fede questo Qualcuno che si manifesta nella nostra vita, nella nostra storia, nella nostra esperienza di uomini; Qualcuno che risponde anche all’incredulo nella sua inquietudine, al sofferente nel suo tormento; Qualcuno che ama tutti per primo (1Gv 4,19).
Un Dio dei filosofi e dei sapienti, un Dio teorico e lontano, fuori dalla storia e dall’esperienza umana, non esiste. E se anche esistesse non ci interesserebbe.
Certo, esiste una scienza della religione cristiana, ma la fede è più che una scienza: è una vita. Esiste una dottrina cristiana, ma è una dottrina di vita. Esiste una conoscenza, ma è la conoscenza di Qualcuno. Pertanto possiamo istruirci solo seguendo un metodo di vita, che parta dalla vita e vada alla vita per viverne concretamente.
Un amore nasce e cresce non accumulando conoscenze su qualcuno, ma approfondendo la conoscenza di qualcuno, frequentandolo spesso e a lungo. Frequentare Dio, ascoltare la sua parola, captare la sua presenza, pregarlo: questo è il metodo di ogni catechesi. Amarlo per comprenderlo meglio, comprenderlo per amarlo di più.
Chi recita il "credo" non elenca idee astratte, ma richiama delle Persone, dei fatti, una storia, le "gesta di Dio", dalla creazione sino alla fine dei tempi: un impegno divino in nostro favore, per amore. Al centro di tutto stanno la morte e la risurrezione di Gesù Cristo. Questo è il fatto essenziale, la meravigliosa notizia che deve essere gridata a tutti perché costituisce l’atto stesso della salvezza.
Questo fatto capitale si presenta come un avvenimento storico debitamente costatato, occupa il centro del cherigma (ciò che si "grida" innanzitutto, quando si annuncia il Vangelo) di cui veramente costituisce l’essenziale.

Il "credo" può essere diviso in tre parti:

o prima parte: Dio-Amore, Dio-Padre, fonte della vita, che dà il Figlio suo;

o seconda parte: Gesù Cristo, crocefisso e risorto;

o terza parte: Il Padre e il Figlio che donano lo Spirito, fondano la Chiesa come luogo di fraternità, di perdono, di vita in questo Spirito mentre attendiamo il giorno della manifestazione del Signore nel quale Cristo verrà glorioso a giudicare i vivi e i morti.

Sono tre tappe storiche che possono essere facilmente riferite alle tre persone della Trinità: al Padre creatore, al Figlio salvatore, allo Spirito santificatore.

giovedì 6 novembre 2008

Il simbolo della Fede


Prima di iniziare la spiegazione del Credo o simbolo degli apostoli mi è sembrato opportuno riportare un brano della catechesi sul Credo di san Cirillo di Gerusalemme, che ci aiuta a comprendere il perché di questa scelta dei punti più importanti di tutta la Scrittura.
***
Nell’apprendere e professare la fede, abbraccia e ritieni soltanto quella che ora ti viene proposta dalla Chiesa ed è garantita da tutte le Scritture. Ma non tutti sono in grado di leggere le Scritture. Alcuni ne sono impediti da incapacità, altri da occupazioni varie. Ecco perché, ad impedire che l’anima riceva danno da questa ignoranza, tutto il dogma della nostra fede viene sintetizzato in poche frasi.
Io ti consiglio di portare questa fede con te come provvista da viaggio per tutti i giorni di tua vita e non prenderne mai altra fuori di essa, anche se noi stessi, cambiando idea, dovessimo insegnare il contrario di quel che insegniamo ora, oppure anche se un angelo del male, cambiandosi in angelo di luce, tentasse di indurti in errore.
Così “se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un Vangelo diverso da quello che abbiamo predicato, sia anàtema!” (Gal 1,8).
Cerca di ritenere bene a memoria il simbolo della fede. Esso non è stato fatto secondo capricci umani, ma è il risultato di una scelta dei punti più importanti di tutta la Scrittura.
Essi compongono e formano l’unica dottrina della fede. E come un granellino di senapa, pur nella sua piccolezza, contiene in germe tutti i ramoscelli, così il simbolo della fede contiene, nelle sue brevi formule, tutta la somma di dottrina che si trova tanto nell’Antico quanto nel Nuovo Testamento.
Perciò, fratelli, conservate con ogni impegno la tradizione che vi viene trasmessa e scrivetene gli insegnamenti nel più profondo del cuore.
Vigilate attentamente perché il nemico non vi trovi indolenti e pigri e così vi derubi di questo tesoro. State in guardia perché nessun eretico stravolga le verità che vi sono state insegnate.
Ricordate che aver fede significa far fruttare la moneta che è stata posta nelle vostre mani. E non dimenticate che Dio vi chiederà conto di ciò che vi è stato donato.
Vi scongiuro”, come dice l’Apostolo, “al cospetto di Dio che dà vita a tutte le cose, e di Cristo Gesù, che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato” (1Tm 6,13), conservate intatta fino al ritorno del Signore nostro Gesù Cristo questa fede che vi è stata insegnata.
Ti è stato affidato il tesoro della vita, e il Signore ti richiederà questo deposito nel giorno della sua venuta “che al tempo stabilito sarà a noi rivelata dal beato e unico sovrano, il re dei regnanti e Signore dei signori; il solo che possiede l’immortalità, che abita una luce inaccessibile, che nessuno fra gli uomini ha mai visto né può vedere” (1Tm 6, 15-16). Al quale sia gloria, onore ed impero per i secoli eterni. Amen.
(Dalle “Catechesi” di san Cirillo di Gerusalemme, vescovo, Catechesi 5 sulla fede e il simbolo, 12-13; PG 33, 519-523).

Il Santo Natale - Commento di padre Fernando Armellini

Diffondi la Parola - Natale del Signore - 25 dicembre 2011

I Dehoniani

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