lunedì 29 giugno 2009

29 - "Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?" (Lc 24,26)

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Dobbiamo renderci conto che Dio vede la sofferenza in modo diverso dal nostro. Dio ha una concezione molto positiva sulla sofferenza come mezzo, al punto che egli accoglie per se stesso il dolore come strada necessaria. Ai discepoli di Emmaus Gesù spiega: "Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze  per entrare nella sua gloria?" (Lc 24,26). E agli apostoli: "In verità, in verità, vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Gv 12,24).
Secondo il modo di vedere di Dio e nell’esperienza di Gesù, la sofferenza della passione sfocia nella gloria della risurrezione, la morte di uno è la vita di tutti.
L’uomo non sa assolutamente liberarsi dal suo egoismo di grano sterile e pensa di trovare la vita conservandola per sé. Gesù insegna: "Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita, per causa mia, la troverà" (Mt 10,39).
La sofferenza dell’uomo e del mondo è un radicale mutamento, una spinta urgente verso una vita diversa e migliore. Per questo è lacerazione, sbriciolamento, trauma, morte. È una legge generale. Morte della crisalide che diventa farfalla, annientamento dell’uovo che diventa pulcino, marcire del chicco che diventa spiga e messe, sgomberare il terreno dalla baracca per costruirvi un grattacielo. Dice il prefazio della liturgia eucaristica funebre "Ai tuoi fedeli, o Signore, la vita non è tolta ma trasformata: e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata una abitazione eterna nel cielo".
ritorno6Il mistero pasquale è il passaggio (Pasqua significa passaggio!) da una vita all’altra. La vita terrena deve essere necessariamente  snidata dalla sua tranquillità, sottoposta a un passaggio, segnato dal sangue, verso la morte, ultima tappa prima della vita eterna. Il cristiano sa che questi dolori sono le doglie del parto per la nascita di un mondo nuovo: "Io ritengo, infatti, che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi... Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo" (Rm 8, 18-23).
La madre vuole i dolori del parto; li vorrebbe anche il figlio se sapesse che rappresentano la condizione perché da embrione diventi un uomo: "La donna, quando partorisce, è afflitta perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell’afflizione, per la gioia che 390_0_443951_150253è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nella tristezza; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia. In quel giorno non mi domanderete più nulla" (Gv 16,21-23).

martedì 23 giugno 2009

28 - Patì sotto Ponzio Pilato

Gesù nell'orto degli uliviDopo la concezione di Gesù e la sua nascita, il Credo passa direttamente alla sua morte, saltando a piè pari la sua vita. I nomi di Maria e di Pilato sono citati uno dopo l’altro in una prossimità che colpisce. Maria e Pilato, una dissonanza ardita. Mediante loro due il Figlio di Dio si è veramente incorporato alla nostra umanità: alla nostra razza umana mediante la sua madre umana, Maria; alla nostra storia umana, civile e politica, mediante Ponzio Pilato.
Maria... Pilato: l’amore che fa vivere Gesù, l’egoismo che lo fa morire; la madre di Dio, l’assassino di Dio; l’umanità, la migliore e la peggiore: noi tutti.
Patì. Cristo non ha cercato la croce, non ha torturato sé  stesso. Anzi di fronte alla passione ha sudato sangue, ha gridato la sua paura, ha supplicato di essere liberato dalla morte (cfr. Mt 26,36-42; Lc 22,39-44). "Nei giorni della sua vita terrena egli (Cristo) offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà; pur essendo Figlio, imparò tuttavia l’obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono" (Eb 5,7-9)
croce1Patì. È forse questa la risposta di Dio al mistero della sofferenza degli uomini? Ogni uomo cozza duramente contro la sofferenza, non se ne sa dare una ragione e non ne vede l’utilità per nessuno: né per sé, né per gli altri, né tanto meno per Dio. Allora perché? Per chi?
  Trecento anni prima di Cristo, Epicuro faceva questo ragionamento: "O Dio vuol sopprimere il male e non può, e allora è impotente... Oppure non vuole e non può, e allora è un niente... Oppure può sopprimere il male e non vuole, e allora è maligno... O, infine, può e vuole, e allora dov’è questo Dio e da dove viene il male?...".
I filosofi cristiani, pagani e atei hanno tentato delle spiegazioni: è il loro mestiere. Cristo, il giusto, non tenta nessuna giustificazione della sofferenza e della morte. Le combatte per distruggerle definitivamente. La ribellione degli uomini è anche la sua. Guarisce i malati, risuscita i morti, lotta per gli umiliati, perdona ai peccatori... A tutti insegna: "Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica... Siate misericordiosi... Non giudicate... Non condannate... Perdonate" (Lc 6,27-37). E di tutto quanto ha insegnato ne dà l’esempio levando alto il suo grido di vendetta contro i suoi carnefici: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno" (Lc 23,34).
Anche i discepoli di Cristo cercarono spiegazioni davanti al cieco nato. Gesù non dà spiegazioni: lo guarisce (cfr. Gv 9,1-7).
Di fronte a ogni sofferenza si possono prendere vari atteggiamenti, reagire in svariate maniere, ma tutto può ridursi a due comportamenti fondamentali: fare o filosofare. Cristo ha scelto il primo e lo ha comandato anche a noi. Sui fatti verterà il suo giudizio nei confronti del mondo e di noi stessi alla fine dei tempi: sulla nostra preoccupazione effettiva di porre fine alle sofferenze degli affamati, degli assetati, di chi non ha vestiti, degli stranieri, degli ammalati, dei prigionieri (cfr. Mt 25,31-46).cr-depo-carracci-x
Per i filosofi il male è un problema; per Cristo e per i cristiani è un nemico, uno scandalo, una provocazione; ed esige una protesta, una mobilitazione, una rivolta. Non si spiega il male, lo si combatte!

martedì 16 giugno 2009

27 - «Se uno dicesse: "Io amo Dio" e odiasse suo fratello, è un mentitore.

samaritano  L’incarnazione non si conclude con l’ascensione di Cristo. Gesù è rimasto uomo, un uomo assiso alla destra del Padre onnipotente.
Il fariseo è colui che tenta di fare delle buone relazioni con Dio una scusa alle cattive relazioni con il prossimo (cfr. Lc 18,9-14), che escogita il modo per non pagare il sussidio alimentare ai genitori votando i suoi beni a Dio (cf. Mt 15,5). I conti in regola con Dio gli   danno la possibilità di sentirsi la coscienza tranquilla nei confronti degli altri.
Cristo ha rovesciato simili ragionamenti. Egli ci ha detto: hai gli stessi doveri verso Dio e verso il prossimo: tu non sei più vicino a Dio di quanto tu non lo sia al prossimo; l’unica prova decisiva che tu ami Dio è che tu ami il fratello: «Se uno dicesse: "Io amo Dio" e odiasse suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio ami anche suo fratello» (1Gv 4,20-21).
28250LL’eresia più pericolosa consiste nel disincarnare Cristo, nel liberare Dio dal corpo, nel rimetterlo in cielo. Se Dio se ne stesse in cielo io potrei  odiare tranquillamente il mio prossimo o, peggio ancora, potrei ignorarlo, starmene a casa mia tranquillo, con la mia povera religione della domenica. Potrei onorare Dio, e, durante la settimana, servirmi del fratello anziché servire il fratello.
La religione dell’incarnazione è scomoda e mette continuamente in discussione la nostra quiete: Dio è sempre presente. "Io, Cristo, ho fame, ho sete, sono forestiero, nudo, malato, carcerato" (cfr. Mt 25,31-46).
Tutte le strutture della società sono anticristiane: capitalismo, proletariato, privilegi di classe, di denaro, di razza e di colore, di educazione e di cultura; ovunque privilegi e barriere e quindi oppressione. E Cristo non è tra i privilegiati!
Cristo è in terra e si tratta di una presenza terribile. Gli avversari dell’incarnazione vogliono una religione comoda: per questo esiliano Cristo, separano Dio dall’uomo. Ognuno sistema le sue faccende come vuole e tutto è più facile quando Dio non beata-madre-teresa-di-calcuttainterviene a complicare le cose.
Alla fine del mondo risuonerà la stessa parola che risuonò in principio: "Caino, dov’è tuo fratello Abele?" (cfr. Gen 4,9).

martedì 9 giugno 2009

26 - Gesù vero Dio e vero uomo

627 Gesù vero Dio e vero uomo ha Dio solo per Padre. Lo Spirito Santo non è un padre supplente, ma la potenza creatrice del Padre, "la potenza dell’Altissimo" (Lc 1,55) che porta la creazione al momento massimo della perfezione: l’uomo Cristo Gesù.
Un saggio indù ha detto che l’Europa ha capito soltanto metà del messaggio di Cristo. Essa ha capito che Cristo e Dio sono un tutt’uno; deve però ancora scoprire l’altra metà, che cioè Cristo e l’uomo sono un tutt’uno, che l’uomo, ogni uomo, anche il più piccolo degli uomini è suo (di Cristo).
L’incarnazione scandalizza i giudei: essa abbassa l’Altissimo, macchia il Santo con l’impurità della nascita, del sangue, della morte.
L’incarnazione è stoltezza per i greci (pensatori e filosofi): essa pone l’Eterno nel tempo, lo spirito nella materia, l’uno nel molteplice, l’universale nel particolare. Essa è esattamente il cammino inverso dell’idealismo greco che cerca la salvezza nella disincarnazione.
Ma soprattutto l’incarnazione sconvolge e supera noi cristiani di ieri e di oggi. Tutte le grandi eresie indicano la nostra resistenza a tale vertiginoso ideale, a questo avvicinamento sconvolgente e inquietante: l’unione reale dell’uomo con Dio.
Anche oggi ci sono eresie sommerse ma pericolose come mine vaganti inesplose. Il cristiano mal istruito crede che Gesù si è manifestato in un corpo senz’anima umana e considera la parola "carne" esclusivamente in senso materiale, come la bistecca, mentre significa "uomo". "Il Verbo si è fatto carne" (Gv 1,14) significa "si è fatto uomo".
Il cristiano troppo dotto rappresenta Cristo come qualcuno che ha il ciclomotore, ma fa finta di pedalare su una comune bicicletta per incoraggiare i ciclisti (noi uomini). Finge di affaticarsi sui pedali, ogni tanto sospira per dare l’impressione che è stanco, si asciuga il sudore perché gli altri sudano. Ma con tutto ciò va sul ciclomotore. In altre parole, Cristo ha risolto i suoi problemi di uomo con il motore della sua divinità e non pigiando faticosamente sui pedali della sua umanità.
Qualcuno ci disse che Gesù non pregava per necessità, ma per darci il buon esempio. Faceva finta! Anche Bossuet ci lascia di stucco quando commenta la frase del vangelo "Gesù cresceva in sapienza, statura e grazia davanti a Dio e agli uomini" Lc 2,52). Dice: "Gesù possedeva tutta la perfezione fin dal principio, ma la lascia trasparire progressivamente per rassomigliare a un vero bambino" (Bossuet, Elévations sur les Mystères). Ha fatto finta di crescere, ha fatto finta di essere un bambino!
Qualcuno crede che Gesù è stato uomo, ma non lo è più e che in eterno è soltanto Dio.
Altri allontanano Cristo dal mondo, lo confinano in cielo, lo incensano, lo esiliano totalmente e rendono la carità fraterna, al massimo, un comando, una occasione di merito e non quale essa è: un atto di amore a Cristo che si identifica con l’uomo: "Ogni volta che avete fatto tutte queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me" (Mt 25,40).
P7257278Occorre essere Dio per riuscire ad amare gli uomini. Occorre che l’uomo sia Dio per avere un motivo sufficiente per amare l’altro, perché ci sia una ragione proporzionata ai sacrifici inauditi che un simile amore esige e alle delusioni che esso procura. L’unico mezzo per amare gli uomini è credere che Dio è uomo.

lunedì 1 giugno 2009

25 - Fu concepito di Spirito Santo nacque da Maria Vergine

Leggiamo alcuni testi della Scrittura che narrano il fatto.annunciaz01
«L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: “Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te”. A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L’angelo le disse: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine". Allora Maria disse all’angelo: "Come è possibile? Non conosco uomo". Le rispose l’angelo: "Lo Spirito santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio". Allora Maria disse: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" e l’angelo partì da lei» (Lc 1,26-38).
«Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua Madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito santo. Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati". Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi» (Mt 1,18-23).
"Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio nato da donna" (Gal 4,4).
Sant’Ignazio d’Antiochia (+107) scrive: "Siate dunque sordi quando qualcuno vi faccia discorsi che non vi parlano di Gesù Cristo, disceso dalla stirpe di Davide, figlio di Maria, che realmente nacque, mangiò e bevve, fu realmente perseguitato sotto Ponzio Pilato, eccehomo (2) fu realmente crocifisso e morì... che realmente risuscitò dai morti; e lo risuscitò il Padre suo, che risusciterà similmente anche noi che crediamo in lui, per virtù di Gesù Cristo, senza il quale noi non possediamo la vera vita" (Lettera ai Tralliani).
“La vera fede è credere e proclamare che nostro Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio è Dio e uomo. È Dio, eternamente generato dalla sostanza del Padre; è uomo, nato nel tempo dalla sostanza di sua madre. Perfettamente Dio; perfettamente uomo; composto da un’anima razionale e da un corpo umano. Uguale al Padre secondo la divinità; meno grande del Padre secondo l’umanità. Anche se è Dio e uomo non ci sono tuttavia due Cristo ma uno solo. Uno solo non perché la divinità sia stata trasformata in carne, ma perché l’umanità è stata presa da Dio. Uno solo assolutamente, non per confusione dell’umano e del divino, ma per l’unità della persona. Infatti, come l’anima razionale e il corpo sono un solo uomo, così Dio e l’uomo sono un solo Cristo" (Dal Simbolo detto "di sant’Atanasio" +373).

Il Santo Natale - Commento di padre Fernando Armellini

Diffondi la Parola - Natale del Signore - 25 dicembre 2011

I Dehoniani

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