giovedì 25 novembre 2010

6. Eucaristia - Sacramento dell’alleanza

gesù emmausQuesto è il mio sangue dell’alleanza (Mt 26,28; Mc 14,24); questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue che viene versato per voi (Lc 22,20; 1Cor 11,25).
I materiali di cui si serve l’eucaristia cristiana non sono affatto una semplice materia bruta, ma sono pietre già squadrate e sapientemente lavorate. Non possiamo partire da zero con le formule eucaristiche cristiane, come non si può partire da zero col vangelo. Nei due casi, per un disegno provvidenziale, abbiamo un Antico Testamento che non è possibile saltare a pie’ pari. Se infatti la provvidenza ha giudicato necessaria questa tappa, non abbiamo né il diritto né la possibilità di cancellarla con un colpo di spugna.
L’eucaristia è dominata dall’idea, dalla realtà dell’alleanza. È radicata nell’alleanza, compie l’alleanza.
Chi è sposato porta al dito il segno dell’alleanza: esso significa dono totale, corpo e anima, per tutta la vita, nell’amore. ...
 Ma sappiamo che cos’è l’Alleanza con la A maiuscola, di cui le altre sono soltanto il sacramento, il simbolo?
L’eucaristia è il sacramento dell’alleanza, il sangue dell’alleanza.
Come lo intendiamo? Come lo viviamo?
Leggendo i vangeli di Matteo e di Luca, Gesù viene detto figlio di Abramo (Mt 1,1; Lc 3;34).
I due cantici evangelici - il Benedictus e il Magnificat, che la liturgia cristiana riprende ogni giorno, a lodi e a vespri, come i pilastri della sua fede e della sua speranza -, non ricordano Mosè o qualche altro personaggio della storia sacra, ma Abramo come l’uomo con cui Dio aveva stabilito l’alleanza facendo giuramento e promessa: Si è ricordato della sua santa alleanza, del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre (Lc 1,72-73); Ha soccorso Israele suo servo ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza per sempre (Lc 1,54-55).
Con Abramo la Bibbia entra nella storia. Tutto ha inizio verso il 1850 a.C. in Mesopotamia (Gen 11,31-32). Proprio in questo luogo e in questo tempo Dio prende l’iniziativa di rivelarsi. Abramo vive un’esperienza interiore che lo domina: Dio gli parla. Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre... (Gen 12,1). Quando Dio parla lo fa sempre per portarci verso un altrove; verso se stesso.
Dio non si rivolge a nessuno per lasciarlo nella situazione precedente, ma gli ordina di andare oltre, di passare ad altra terra e ad altra divinità. Prima tappa della fede: lasciare la presa, senza rete di salvataggio: fidarsi di lui.
Va’ verso il paese che io ti indicherò (Gen 12,1). Comincia qui l’avventura di Abramo e del popolo in cammino nel quale siamo inseriti anche noi. L’unico paese in cui ci si può fermare è Dio.
Abramo, amico di Dio (Is 41,8), partì: credette alla divina parola e attese impassibile. Per questo nessuno fu simile a lui nella gloria (Sir 44,19). Le tradizioni ebraica e cristiana lo proclamano padre di tutti coloro che credono (Rm 4,11).
Tutta la storia del popolo di Dio, tutta la storia dei popoli, tutta la storia della salvezza parte da questa chiamata e da questa risposta.
Da questa sorgente aperta nella sterilità di Abramo, sostituita dalla sorgente aperta nella verginità di Maria, e dalla loro duplice fede che dice senza batter ciglio. C’è forse qualche cosa impossibile per il Signore? (Gen 18,14).
Questa frase annuncia il concepimento miracoloso d’Isacco, ed è ripresa dall’angelo dell’annunciazione per garantire a Maria il concepimento verginale di Gesù: Nulla è impossibile a Dio (Lc 1,37).
Questa fede prepara e accoglie l’incarnazione del Figlio di Dio, figlio di Abramo, figlio della Vergine, fratello universale di tutti gli uomini, vita e salvezza del mondo.
In realtà con la sua pasqua di morte e di risurrezione, Gesù figlio di Abramo,... Figlio di Dio (Lc 3):
- entra personalmente nella beatitudine eterna, la vera terra promessa che noi non conosciamo, e ne apre le porte a tutto il genere umano;
- attira a sé tutti gli uomini (Gv 12,32) e ne fa una sola famiglia di fratelli, un solo corpo (Rm 12,5) e li conduce al Padre, al quale è passato (Gv 13,1).
Tutti voi siete figli di Dio per la fede in Gesù Cristo, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. E se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa (Gal 3,26-29).
Abramo è superiore a Mosè. Di conseguenza il sacerdozio di Aronne, fratello di Mosè, sarà sostituito in Gesù Cristo, da un sacerdozio superiore, alla maniera di Melchisedek (Eb 7,1-28), dal sacerdozio che Abramo ci fa scoprire: quello delle nostre eucaristie.
Melchisedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abram (Gen 14,19-19).
Il salmo 110 preannuncia il sacerdozio perpetuo del Cristo: Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedek (Sal 110,4). La lettera agli ebrei riassume il mistero della storia della salvezza in questi termini: Nei giorni della sua vita terrena (Cristo) offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà; pur essendo Figlio, imparò tuttavia l’obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono, essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote alla maniera di Melchisedek (Eb 5,7-10).
Melchisedek offrì pane e vino (Gen 14,18). È un gesto di ospitalità, un rito di accoglienza per gli stranieri. È un pasto condiviso tra due stirpi, un segno di alleanza fraterna. In questo pane e vino presentati ad Abramo, i santi padri vedono una figura dell’eucaristia e insieme un vero sacrificio. Tale interpretazione è entrata nel canone della messa: Volgi sulla nostra offerta il tuo sguardo sereno e benigno come hai voluto accettare i doni di Abele, il giusto, il sacrificio di Abramo, nostro padre nella fede, e l’oblazione pura e santa di Melchisedek, tuo sommo sacerdote (Canone romano I).
Dopo l’incontro con Melchisedek, Abramo vede approfondirsi la sua esperienza di Dio in alleanza (Gen 15,4-18). Dio, sotto forma di fiaccola ardente, accetta di essere tagliato in due qualora venisse meno alla sua promessa. Ad Abramo non chiede nulla, non mercanteggia con lui. E Abramo non dà nulla, non promette nulla, non dice nulla (cfr. Gen 15).
Questa è la differenza radicale con le alleanze umane. Dio promette tutto e darà tutto. Dio si impegna a condurre l’uomo alla felicità nella terra di Dio. E questa promessa ci riguarda personalmente, allo stesso modo di Abramo. Nonostante le nostre infedeltà, Dio non potrà contraddirsi, egli resterà sempre fedele. L’amore di Dio è incondizionato. Se noi manchiamo di fede, egli però rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso (2Tm 2,13). D’ora in poi la sicurezza di Abramo sarà la fedeltà di Dio.
Dopo dieci anni di vita errabonda, Abramo ha avuto il figlio promesso, Isacco. Un unico figlio.
Ora Dio gli dice: Prendi il tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco, va’ nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io t’indicherò (Gen 22,2).
Abramo, il credente, ebbe fede sperando contro ogni speranza e così divenne padre di molti popoli... Egli non vacillò nella fede (Rm 4,18-19). Per fede Abramo, messo alla prova, offrì Isacco e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unico figlio, del quale era stato detto: In Isacco avrai una discendenza che porterà il tuo nome. Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche i morti: per questo lo riebbe e fu come un simbolo (Eb 11,17-19).
Un simbolo del sacrificio e della risurrezione di Cristo.

Nessun commento:

Il Santo Natale - Commento di padre Fernando Armellini

Diffondi la Parola - Natale del Signore - 25 dicembre 2011

I Dehoniani

Watch live streaming video from dehoniani at livestream.com