lunedì 8 marzo 2010

3 - Padre nostro che sei nei cieli

creazione_uomo
Fin dalle prime parole la Preghiera del Signore ci introduce negli orizzonti immensi del mistero di Dio e dell’uomo. Il Signore del mondo è il Dio dell’uomo, il suo Creatore, il suo Padre. Scrive san Tommaso d’Aquino: “L’amore ha impedito a Dio di restare solo”.
Noi possiamo invocare Dio come Padre perché ci è rivelato dal Figlio suo fatto uomo e perché il suo Spirito ce lo fa conoscere.
Scrive Tertulliano: “L’espressione Dio-Padre non era mai stata rivelata a nessuno. Quando lo stesso Mosè chiese a Dio chi fosse, si sentì rispondere un altro nome. A noi questo nome è stato rivelato nel Figlio: questo nome, infatti, implica il nuovo nome del Padre.

Attraverso la Preghiera del Signore, noi siamo rivelati a noi stessi, mentre ci viene rivelato il Padre. Scrive sant’Ambrogio: “O uomo, tu non osavi levare il tuo volto verso il cielo, rivolgevi i tuoi occhi verso la terra, e, ad un tratto, hai ricevuto la grazia di Cristo: ti sono stati rimessi tutti i tuoi peccati. Da servo malvagio sei diventato un figlio buono... Leva, dunque, i tuoi occhi al Padre... che ti ha redento per mezzo del Figlio e di’: Padre nostro!...
La preghiera del Padre nostro deve sviluppare in noi il desiderio e la volontà di somigliargli. Scrive san Cipriano: “Bisogna che quando chiamiamo Dio "Padre nostro", ci ricordiamo del dovere di comportarci come figli di Dio”.
E san Giovanni Crisostomo: “Non potete chiamare vostro Padre il Dio di ogni bontà, se conservate un cuore crudele e disumano; in tal caso, infatti, non avete più in voi l’impronta della bontà del Padre celeste”.
E san Gregorio di Nissa: “È necessario contemplare incessantemente la bellezza del Padre e impregnarne l’anima”.
Per recitare convenientemente il Padre nostro dobbiamo avere un cuore umile e confidente che ci fa diventare come bambini (Mt 18,3) perché il Padre si rivela solo ai piccoli (Mt 11,25). “Chi recita il Padre nostro tratta con Dio come con il proprio Padre, in una tenerezza specialissima di pietà” (san Giovanni Cassiano).
E sant’Agostino scrive: “Padre nostro: questo nome suscita in noi, contemporaneamente, l’amore, il fervore nella preghiera e anche la speranza di ottenere ciò che stiamo per chiedere. Che cosa infatti può Dio negare alla preghiera dei suoi figli, dal momento che ha loro concesso, prima di tutto, di essere suoi figli?”.
L’espressione che sei nei cieli non indica un luogo, ma la maestà di Dio e la sua presenza nel cuore dei credenti. Scrive sant’Agostino: “Ben a ragione queste parole: "Padre nostro che sei nei cieli" si intendono riferite al cuore dei giusti, dove Dio abita come nel suo tempio. Pertanto colui che prega desidererà che in lui prenda dimora colui che invoca”.
Gesù ci dice: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui (Gv 14,23).
Il cielo, la casa del Padre è la vera patria verso la quale siamo in cammino e alla quale apparteniamo.
- segue -

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