domenica 3 gennaio 2010

54 - LA RISURREZIONE DELLA CARNE

Risurrezione della carne
La fine del simbolo ci invita a fissare il nostro sguardo nel futuro dell’uomo e del mondo. Che cosa attende l’uomo e il mondo? Dove li conduce Dio? Quale sorpresa ci riserva Dio? Qual è la nostra speranza?
La seconda parte del Credo ci aveva già fornito un inizio di risposta: Credo in Gesù Cristo... risorto da morte, salito al cielo da dove verrà a giudicare.
Questa terza parte del Credo si radica sulla seconda. La nostra speranza cristiana si fonda sull’avventura di Gesù: come lui così anche noi. ...

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La terza parte del simbolo potrebbe essere sintetizzata così: Credo nello Spirito Santo, dentro la santa Chiesa, per la risurrezione della carne.
18.1 Non dimentichiamo lo Spirito Santo
Tocchiamo a questo punto il culmine dell’opera dello Spirito Santo nella santa Chiesa cattolica: "Se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi" (Rm 8,11).
Ora che Gesù è risorto e salito al cielo, l’umanità presente è entrata nel futuro attraverso questo nostro fratello con cui siamo uno. Non sarebbe esatto affermare che i precedenti articoli del Credo parlavano di questo mondo, di questa vita, mentre gli ultimi due ci parlerebbero dell’altro mondo, dell’altra vita. Non ci sono due mondi o due vite. Non c’è da una parte il tempo, che scorre, passa e si degrada; e dall’altra, l’eternità, stabile e di valore infinito e definitivo. C’è solo un mondo, che sta diventando diverso sotto la signoria di Gesù risorto. C’è una sola vita, che sta diventando diversa mediante la fede e il battesimo; non c’è un’altra vita. L’uomo adulto non è una persona distinta dal bambino che era: è diverso da prima, ma è sempre lui.
Risurrezione, vita eterna, mondo nuovo sono realtà fin d’ora già delineate e tuttavia rimangono per noi profondamente misteriose. Di fronte al nostro futuro eterno siamo come il bambino ancora nel grembo materno: non può farsi la minima idea della sua vita di domani quando vedrà la luce, camminerà, crescerà, parlerà, occuperà un posto nel mondo.
Il nostro futuro eterno è, di per sé, indefinibile. "Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore d’uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano. Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito" (1Cor 2,9-10).
L’ignoranza sull’al di là è enorme ora; immaginiamoci quanto lo fosse prima di Cristo. Non dobbiamo quindi meravigliarci per l’accento posto dai salmisti, dai patriarchi, dai profeti sui valori temporali: ricchezza materiale, longevità, fecondità, numerosa discendenza, sopravvivenza della fama e della gloria, vendetta immediata. Non si aspettavano ricompensa o castigo dopo la morte. Sembra far eccezione il libro di Giobbe (V secolo prima di Cristo): "Io lo so che il mio vendicatore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle sarà distrutta, senza carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, e i miei occhi lo contempleranno non da straniero" (Gb 19,25-27).
Ma questa intuizione vaga e fugace viene contraddetta più volte. Ne ricordiamo una, per esempio: "Anche per l’albero c’è speranza: se viene tagliato, ancora ributta e i suoi germogli non cessano di crescere... L’uomo invece, se muore giace inerte, quando il mortale spira, dov’è? Potranno sparire le acque del mare e i fiumi prosciugarsi e disseccarsi, ma l’uomo che giace più non si sveglierà, né più si desterà dal suo sonno" (Gb 14,7-12).
Nel 331 prima di Cristo, Alessandro Magno introdusse in Palestina la cultura greca. Così la filosofia greca colorò gli ultimi libri della Bibbia, specialmente il libro della Sapienza. L’autore di questo libro visse ad Alessandria d’Egitto, una cinquantina d’anni prima di Cristo. È tutto impregnato di pensiero greco. Questo libro ispirato ci dà una chiara e nuova rivelazione della sopravvivenza: "Dicono tra loro sragionando: Non si conosce nessuno che liberi dagli inferi. Siamo nati per caso e dopo saremo come se non fossimo stati... Il corpo diventerà cenere e lo spirito si dissiperà come aria leggera... Non conoscono i segreti di Dio... Sì, Dio ha creato l’uomo per l’immortalità" (Sap 2,1-23). "I giusti vivono per sempre, la loro ricompensa è presso il Signore e l’Altissimo ha cura di loro. Per questo riceveranno una magnifica corona regale, un bel diadema dalla mano del Signore" (Sap 5,15-16).
Lo Spirito Santo quindi afferma la sopravvivenza, l’immortalità e l’eternità beata.
Nell’Antico Testamento l’idea di risurrezione è tardiva quasi come quella di immortalità. Essa è espressa chiaramente per la prima volta solo due secoli prima di Cristo al cap. 12 del libro di Daniele: "Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l’infamia eterna... Tu vai pure alla tua fine e riposa: ti alzerai per la tua sorte alla fine dei giorni" (Dn 12,2 e 13).
Dopo Daniele viene la testimonianza del secondo libro dei Maccabei al cap. 7. Siamo in un periodo di violente persecuzioni scatenate contro i giudei da Antioco Epifane. Ecco alcune frasi significative: "Il re del mondo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna... Da Dio ho queste membra e, per le sue leggi, le disprezzo, ma da lui spero di riaverle di nuovo... È bello morire a causa degli uomini, per attendere da Dio l’adempimento delle speranze d’essere da lui di nuovo risuscitati... Senza dubbio il creatore del mondo... per la sua misericordia vi restituirà di nuovo lo spirito e la vita..." (2Mac 7).
Questa è la speranza-certezza dei perseguitati d’Israele nei due secoli che precedettero la venuta di Gesù.

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