domenica 24 gennaio 2010

57 - Il cielo

Tornando da un funerale spesso si dicono cose sublimi e verità indiscutibili sul conto del morto: "Ora sta meglio di noi! Se n’è andato in un mondo migliore!". Ma nessuno vorrebbe essere al suo posto; nessuno ha fretta di entrare in questo mondo cosiddetto migliore. Figuratevi! Il caro estinto ha perso tutto, è sotto il torchio del giudizio terribile di Dio, forse si trova già all’inferno, sicuramente dovrà fare un lungo purgatorio, chissà quando arriverà in cielo, in un cielo dove nessuno ha veramente voglia di andare! Quale cielo ci è stato presentato fin dall’infanzia? Cielo di troni fissi di fronte all’immutabile triangolo della Trinità; cielo di santi che cantano inni, con il loro piatto (aureola) che sta ben dritto dietro alla testa; cielo di angeli alati; cielo di anime disincarnate, ecc... Insomma un cielo di gente veramente annoiata e noiosa, che ci fa amare di più la nostra bella "valle di lacrime" nelle quali, oltretutto, sappiamo nuotare egregiamente e... stare a galla. ...

Quale meraviglia, allora, se i cristiani vivono in questo mondo come coloro che non hanno speranza? Certo è difficile raffigurarci il cielo; ma questa è una ragione in più per riprendere continuamente i dati biblici che Dio ci ha rivelato e rispolverare le idee e le immagini.
La Scrittura è precisa sull’inferno, ma anche straordinariamente sobria. I predicatori, invece, sono andati a gara per aggiungere cose su cose, con gusto sadico. Il cielo, invece, li ha lasciati troppo spesso senza parole, senza ispirazione, senza fantasia, quando proprio la rivelazione ne è ricca ed eloquente. È più facile mettere addosso paura che trasfondere gioia!
Il nostro Dio non è il Dio della paura ma della gioia, il Dio dell’amore! Il vangelo è la "buona novella" della felicità.
La Bibbia, pur affermando che non è possibile descrivere il mondo della gloria, non esita a richiamarlo partendo dalle più semplici realtà umane. Essa parla all’uomo terreno e al suo cuore di carne usando un linguaggio che l’uomo possa capire.
Il cielo non sarà la negazione dell’uomo terreno, ma il suo compimento; non sopprimerà la gioia umana, ma la perfezionerà superandola divinamente. Presentarci un cielo che non rispondesse ai nostri desideri reali, sarebbe come presentare a un cane un capolavoro letterario o una salsiccia di plastica.
Per questa ragione molti cristiani non comprendono e non condividono l’impazienza di Paolo: "Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno. Ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa debba scegliere. Sono messo alle strette infatti tra queste due cose: da una parte il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; d’altra parte, è necessario per voi che io rimanga nella carne" (Fil 1,21-24).
"Essere con Cristo". "Essere con" è il sogno dell’amore: speranza degli esiliati, impazienza dei fidanzati, gioia profonda di ogni ritorno. Ma è necessario essere presi da amore e da grande amicizia. San Paolo era stato conquistato da Cristo. Per questo era impaziente di correre incontro a Cristo per non esserne più separato. Il cielo di san Paolo è il cielo dell’amore di Cristo, dell’amore appagato.
Ma Gesù non può far dimenticare il Padre e lo Spirito Santo. Paolo parlando di Dio Trinità dice: "Vedremo a faccia a faccia" (1Cor 13,12), e san Giovanni aggiunge: "Lo vedremo così come egli è" (1Gv 3,2).
Noi sappiamo che questo volto è innanzitutto il volto dell’amore. Morendo cadremo nelle braccia del Padre, del Fratello e dell’Amico. Lo conosceremo così come egli è attraverso un possesso reciproco totale! Lo conosceremo come il ferro conosce il fuoco che lo penetra, come la spugna conosce l’acqua nell’immensità di un oceano senza limiti. L’uomo non potrà mai stancarsi di Dio e della sua intimità ineffabile.
La vita eterna è paragonata a un banchetto d’amicizia (Lc 12,37), a una festa di nozze (Mt 22,1-14). Sarà il trionfo eterno di una moltitudine eterna di salvati (Ap 7). Sarà la definitiva presa di possesso del regno preparato per noi fin dalla fondazione del mondo (Mt 25,31-46; Ap 5,10; 22,5; 2Tm 2,12). Regno che appartiene a coloro che vivono secondo lo spirito delle beatitudini (Mt 5.6.7; Lc 6,20-49). "E poi, secondo la promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova nei quali avrà stabile dimora la giustizia" (2 Pt 3,13).
S. Teresa d’Avila, a ogni ora che suonava, provava un sussulto di gioia: "Eccoci più vicini al cielo di un’ora!".
- segue -

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