sabato 22 gennaio 2011

12. La Chiesa è una comunione

Eucaristia
La Chiesa in quanto tale ha il dovere di riunirsi in assemblea: Chiesa vuol dire assemblea.
La Chiesa primitiva, uscita tutta nuova dalle mani di Cristo, era una comunione: La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune (At 4,32).
La riunione domenicale della comunità cristiana non è mai stata facile.
Nei primi tempi meno ancora di oggi, a causa dei pericoli, delle persecuzioni e anche perché la domenica era giorno lavorativo per tutti i cristiani che dipendevano da un padrone o erano schiavi. Ed erano la stragrande maggioranza! ...


 L’autore della lettera agli ebrei scrive: Cerchiamo anche di stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone, senza disertare le nostre riunioni, come alcuni hanno l’abitudine di fare, ma invece esortandoci a vicenda; tanto più che potete vedere come il giorno (del Signore) si avvicina (Eb 10,25).
Quelli che avevano preso l’abitudine di rimanere a casa potevano avere delle buone ragioni. Avevano patito tanto a causa della loro fede.
Richiamate alla memoria quei primi giorni nei quali, dopo essere stati illuminati (= battezzati), avete dovuto sopportare una grande e penosa lotta, ora esposti pubblicamente a insulti e tribolazioni, ora facendovi solidali con coloro che venivano trattati in questo modo. Infatti avete preso parte alle sofferenze dei carcerati e avete accettato con gioia di essere spogliati delle vostre sostanze, sapendo di possedere beni migliori e più duraturi. Non abbandonate dunque la vostra franchezza, alla quale è riservata una grande ricompensa. Avete solo bisogno di costanza, perché dopo aver fatto la volontà di Dio possiate raggiungere la promessa (Eb 10,32-36).
Nonostante questo, non bisogna disertare le nostre riunioni: l’abbandono delle riunioni è visto come il primo passo sulla strada dell’apostasia.
In piena persecuzione, s. Ignazio di Antiochia (+ 106), mentre era condotto a Roma a morire maciullato dai denti dei leoni scrive agli Efesini: Nessuno s’inganni: chi non è nel recinto dell’altare rimane privo del pane di Dio. Se la preghiera di due persone riunite ha sì grande efficacia, quanto più ne avrà quella del vescovo e di tutta la Chiesa? Chi non interviene all’adunanza fa già un atto di superbia e si scomunica da sé.
S. Giustino filosofo e martire (+ 165) scrive nella sua Prima apologia al cap. 67: Nel giorno detto del sole convengono tutti nello stesso luogo, sia quelli di città, sia quelli di campagna. E finché il tempo lo permette si leggono le memorie degli apostoli, oppure le scritture dei profeti, poi quando il lettore ha cessato, chi presiede parla ammonendo ed esortando a imitare sì belli esempi, quindi ci alziamo insieme in piedi e facciamo preghiere, come già si disse, si offrono pane, vino, acqua...
Si fa la distribuzione e si dà a ciascuno delle offerte su cui si sono celebrate le azioni di grazia (= eucaristia), e si mandano agli assenti per mezzo dei diaconi.
Ci raduniamo tutti insieme nel giorno del sole, perché è il primo giorno nel quale Dio, mutando la tenebra e la materia, creò il mondo, e anche perché Gesù Cristo nostro salvatore, nello stesso giorno, risorse da morte
.
Qualcuno dice che i ritmi di vita dell’uomo moderno, le scadenze del mondo industriale, la fretta e l’agitazione che attanaglia tutti... consiglierebbero di diluire le scadenze dell’eucaristia, della messa obbligatoria, portandola ad un ritmo quindicinale, mensile, trimestrale, stagionale...
Chi avrebbe il coraggio di proporre ai lavoratori di saltare i giorni festivi e di riposo, di fare un giorno di riposo ogni quindici, trenta, novanta, centoventi giorni...?
Solo per incontrare Dio e i fratelli le frequenze sono troppo ravvicinate?!
Il ritmo delle eucaristie è il respiro dell’anima, della vita del cristiano. Quando un malato tira il respiro coi denti e a intervalli sempre più ampi vuol dire che s’avvicina il momento della morte. Se vuoi vivere, devi partecipare all’eucaristia tutte le domeniche.
C’è ancora il precetto? Non diciamo che non esiste più l’obbligo della messa tutte le domeniche e le feste comandate. È falso! La Chiesa non può rinunciare a essere sé stessa: cioè assemblea pasquale e festiva di coloro che credono nel Risorto e lo incontrano personalmente secondo un ritmo settimanale da lui stesso inaugurato (cf. Gv 20,26).
I sacerdoti e i genitori non si sgravino la coscienza tanto facilmente e a buon prezzo. Lo so bene che è più facile minacciare l’inferno che comunicare la fede nell’eucaristia e dare il gusto di prendervi parte. Nostro compito è di far capire la necessità vitale, di creare l’esigenza interiore affinché figli e fedeli partecipino liberamente secondo la loro legge interiore. Ma la legge interiore non vuol dire sentire (ho voglia... non ho voglia... me la sento... non me la sento), non vuol dire capriccio o arbitrio. Libertà è poter fare ciò che si deve fare (Montesqiueu). Bisognerebbe fare un modo che nemmeno una volta nella vita si abbiano a compiere i propri doveri religiosi, perché costretti o per obbedire a pure convenienze (Lacordaire).
Lo Spirito è la fonte della libertà cristiana. La legge è cristiana solo se è interiorizzata nel cuore. Solo l’amore giustifica la legge. Ama e fa’ quello che vuoi (s. Agostino). Voi siete stati chiamati a libertà. Purché questa libertà non diventi un pretesto per vivere secondo la carne... (Gal 5,13-15).
Di Cristo, nella celebrazione dell’eucaristia, si dice: Egli, offrendosi liberamente alla sua passione... : lo stesso si possa dire del cristiano presente a messa! Senza la libertà non c’è amore. La messa è il più grande mistero d’amore: per questo esige la massima libertà.
Andare a messa è un diritto, una necessità, una gioia.
La nostra ultima parola è un appello pressante a tutti i responsabili e animatori delle comunità cristiane: non temano d’insistere, a tempo e fuori tempo, sulla fedeltà dei battezzati a celebrare nella gioia l’eucaristia domenicale. Come potrebbero essi trascurare questo incontro, questo banchetto che Cristo ci prepara nel suo amore?... È il Cristo crocifisso e glorificato che passa in mezzo ai suoi discepoli, per trascinarli insieme nel rinnovamento della sua risurrezione (Paolo VI).
Fine

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