giovedì 4 dicembre 2008

4 - Ma quale Dio?


Solo Dio può parlare rettamente di Dio. Per conoscerlo bisogna ascoltare la sua parola, leggere e rileggere la Bibbia e soprattutto il Vangelo.
È necessario che prendiamo le debite distanze da un certo linguaggio su Dio. È il linguaggio, per intenderci, di certi catechismi del passato: quello delle formule astratte e magniloquenti.
Allora, era tutto falso? No, non era falso. Ma Dio non parla in questo modo di se stesso. Un simile linguaggio aveva poca presa allora e ora non ne avrebbe affatto.
Il Concilio Vaticano II ci ha invitati a cambiare linguaggio, "a sempre ricercare modi più adatti di comunicare la dottrina cristiana agli uomini della nostra epoca, perché altro è il deposito o le verità della fede, altro è il modo in cui vengono enunciate, rimanendo pur sempre lo stesso il significato e il senso profondo" (Concilio Vaticano II, Gs 62).
L’umanità sta vivendo la più grande metamorfosi della sua storia. Una metamorfosi mai vista; non la prima, ma la più macroscopica. Lo stesso Dio vuole essere presentato a questa umanità concreta con formule nuove, o meglio, con le formule antiche che lui stesso ha usato, ma ripulite dalle incrostazioni che i secoli, le filosofie e le teologie vi hanno depositato. La Chiesa, se vuole che la sua dottrina sia compresa, non ha altro mezzo che la cultura e le forme di pensiero del tempo e del luogo in cui essa vive.
In passato la filosofia greca di Platone e di Aristotele, la filosofia ancella della teologia, ha fatto spesso da padrona. Così certe nostre idee su Dio, che crediamo cristiane, in realtà spesso sono un modo di vedere della filosofia pagana che abbiamo sovrapposto a quanto ci dice la Bibbia e soprattutto il Vangelo.
Il papa Giovanni XXIII nel discorso di apertura del Concilio Vaticano II (11 Ottobre 1962) afferma: "Lo scopo principale di questo Concilio non è la discussione di questo o quel tema della dottrina fondamentale della Chiesa... Per questo non occorreva un concilio. Ma dalla rinnovata, serena e tranquilla adesione a tutto l’insegnamento della Chiesa nella sua interezza e precisione... lo spirito cristiano, cattolico ed apostolico del mondo intero, attende un balzo innanzi verso una penetrazione dottrinale e una formazione delle coscienze; è necessario che questa dottrina certa ed immutabile, che deve essere fedelmente rispettata, sia approfondita e presentata in modo che risponda alle esigenze del nostro tempo. Altra cosa è infatti il deposito stesso della fede, vale a dire le verità contenute nella nostra dottrina, e altra cosa è la forma con cui quelle vengono enunciate, conservando ad esse tuttavia lo stesso senso e la stessa portata. Bisognerà attribuire molta importanza a questa forma e, se sarà necessario, bisognerà insistere con pazienza nella sua elaborazione; e si dovrà ricorrere ad un modo di presentare le cose, che più corrisponda al magistero, il cui carattere è preminentemente pastorale".
Per farla breve, noi crediamo nel Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, nel Dio di Gesù Cristo: un Dio vivente, non il dio immobile dei filosofi; un Dio di ieri, di oggi, che va verso un domani, un Dio storico, che vive la storia con noi, in mezzo a noi, sulla nostra terra di uomini. Dio non è "altrove". Non esiste un "altrove". C’è solo il "Dio con noi", l’Emmanuele. Il Dio che si è rivelato in Gesù Cristo. "Se conoscete me, conoscerete anche il Padre; fin da ora lo conoscete e lo avete veduto... Chi ha visto me ha visto il Padre... Io sono nel Padre e il Padre è in me" (Gv 14,7-11). Gesù Cristo è l’unico, in senso assoluto, che può farci conoscere il vero Dio. "Nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare" (Mt 11,27).
Noi crediamo, appunto, in questo Dio che Gesù ci rivela, in questo Dio imprevedibile e sconvolgente: questo è il Dio che dobbiamo annunciare ai nostri figli e al mondo. Non dobbiamo quindi aver paura di cambiare linguaggio, liberandoci dalle filosofie del passato senza incappare in quelle del presente.

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