lunedì 14 marzo 2011

7. L’itinerario della conversione

Le radici del peccato restano in noi anche dopo il perdono di Dio e la nuova nascita alla vita divina. Il peccato resta in noi con la sua potenza di morte (cattive abitudini, tendenze e desideri cattivi) nonostante la serietà del nostro pentimento e del nostro proposito di non peccare più, e resta anche nelle strutture del mondo, della società, della cultura, nella storia dell’uomo che è una storia di peccato.
Chi sceglie Cristo si impegna con lui in una lotta senza sosta contro il peccato, che lo impegna tutta la vita. Tutta la vita è un continuo convertirsi, un continuo ritorno a Dio. ...

Percorriamo insieme l’itinerario di questa conversione, che è il risvolto umano della riconciliazione.
a) Riconoscere la propria condizione di peccatori
All’inizio di questo itinerario, sta il riconoscimento della verità della propria condizione di peccatori. È il ritornare in sé per dire: Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te (Lc 15,18).
Naturalmente il senso di colpa esisteva ancor prima che iniziasse l’itinerario della conversione. Essa ricorda al peccatore che il peccato è contro i suoi interessi più veri e contro le sue aspirazioni più profonde. Lo stato di peccato è divisione, lacerazione e sofferenza interiore. Per questo si sente tanto il bisogno di vivere alla superficie del nostro essere, di impedire alla coscienza di farci sentire i suoi rimproveri; sentiamo il bisogno di stordirci di rumori e di emozioni intense, di non restare soli con noi stessi e con la consapevolezza penosa e umiliante della nostra condizione di peccatori.
Ma l’itinerario della conversione comincia quando il senso di colpa viene illuminato dalla speranza del perdono e del rinnovamento.
Oggi la psicologia è molto diffidente nei confronti del senso di colpa: ci vede una forza psichica negativa, che si trasforma facilmente in un bisogno morboso di punizione, in autodistruzione; causa di numerose forme di malattia psichica, di nevrosi da ansia, di ossessioni pericolose.
Ma il senso di colpa che porta alle malattie dello spirito è quello non illuminato dalla speranza del perdono, quello vissuto nella solitudine di chi non crede più nell’amore incondizionatamente accogliente del Padre.
Quando la fiducia nell’amore di Dio e la speranza del perdono illuminano il senso di colpa, esso cambia radicalmente natura: quello che prima era oscura paura del castigo, irritazione dell’orgoglio ferito, si trasforma in una confessione che esprime umiltà e verità, e porta alla conversione, alla salvezza e quindi alla gioia.
b) L’incontro con la parola di Dio
Alla radice di ogni conversione ci deve essere un rinnovato incontro con la parola di Dio, che ci annuncia la forza invincibile del suo amore misericordioso. Il rito della riconciliazione prevede che la celebrazione del sacramento inizi con una lettura biblica che annuncia la certezza di questo amore e risuscita la fiducia del peccatore e il suo desiderio di sperimentare nuovamente l’abbraccio del Padre.
c) La ragionevolezza di dire i peccati
Fare la verità nella propria vita è esattamente il contrario di quanto ha fatto il peccato, che è sempre un fare la menzogna.
L’itinerario della riconciliazione è un itinerario di anti-peccato. Il peccato è egoismo, la riconciliazione è amore; il peccato è odio e divisione, la riconciliazione è comunione; il peccato è abiezione, la riconciliazione è ritorno alla dignità.
Da questo punto si può capire la ragionevolezza profonda della confessione dei propri peccati richiesta dalla disciplina penitenziale della Chiesa: essa non ha lo scopo di umiliare il penitente, ma di rifare la verità nella sua vita; di dare corpo e concretezza alla sua volontà di antipeccato. Senza il coraggio di una confessione veritiera e liberatrice, la decisione di ritornare a Dio corre continuamente il pericolo di restare uno stato d’animo puramente illusorio, e quindi sterile e inutile a tutti gli effetti.
d) Pentimento e riprogettazione
La confessione è solo uno dei momenti della conversione che riconcilia con Dio.
Nel cuore della propria libertà, la conversione consiste in una decisione radicale di riorientare tutta la propria vita in una direzione nuova, esattamente opposta a quella impressa dal peccato. Questa decisione è prodotta in noi dalla grazia, ma resta tuttavia una decisione libera della nostra volontà: la grazia non ci costringe, non ci rende meno liberi, ma ci restituisce a quella libertà che il peccato ci aveva tolto.
La nuova decisione si rivolge verso il passato e lo rinnega con quell’atto di libertà che si chiama pentimento.
La nuova decisione si rivolge inoltre al futuro che viene riprogettato secondo la volontà di Dio: è il proposito. Esso non consiste solo nella generica volontà di non ripetere più il peccato. È la progettazione seria e positiva di una lotta contro il peccato, per tagliare le radici che esso mantiene nella nostra psicologia, i desideri cattivi da cui è nato, per sviluppare abitudini contrarie, per riparare, nella misura del possibile, i danni fisici o morali che esso ha procurato al prossimo.
e) Riprogettare con un esperto
La mia esperienza di fragilità, di debolezza e di incostanza mi consiglierà l’aiuto di un qualche esperto per la riprogettazione del mio futuro di conversione, per l’elaborazione di una strategia di lotta più efficace e seria.
Anche da questo punto di vista si riscopre un elemento di profonda ragionevolezza nella pratica della confessione, che costituisce uno dei momenti necessari della celebrazione del sacramento della riconciliazione.
f) Morire per vivere
I progetti e le strategie hanno bisogno di essere messi in pratica. La lotta contro il peccato durerà tutta la vita. Si tratta di far morire in noi gli alleati del peccato e di riparare faticosamente le conseguenze negative del passato.
Tutto questo comporterà sacrifici e rinunce. Si tratta di rinnegare se stessi: di morire all’uomo vecchio, che è in noi come residuo del peccato, per vivere la realtà dell’uomo nuovo, nella giustizia e nella verità. Si tratta di far morire la parte sbagliata di noi stessi per vivere dignitosamente secondo il progetto di Dio.
Questo morire-per-vivere è simboleggiato nel sacramento della riconciliazione dalla soddisfazione o penitenza. Questa ha un valore di simbolo e di richiamo. Ci ricorda il nostro impegno a combattere contro il peccato con tutte le nostre forze. Quindi la penitenza non è il pagamento del conto dei peccati confessati, ma l’inizio dei sacrifici e delle rinunce per portare a termine una piena vittoria contro le radici del peccato dentro di noi.
- segue -

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